È giovane, il pianista Jan Lisiecki. In virtù di questo, si rivolgono spesso ai giovani i video che pubblicizzano la sua attività artistica. In filmati come quelli proposti, s’intuisce immediatamente un continuo riferimento alla tipologia del videoclip, tipica della musica cosiddetta “leggera”.
Quest’ambito è in realtà vasto, e capace di produrre opere di notevole interesse: nel caso di Lisiecki, però, ciò che si sta facendo è creare una “atmosfera” da videoclip, in modo, presumibilmente, da catturare l’attenzione di chi appartiene alle fasce d’età solitamente più predisposte a consumare simili filmati. In entrambi i casi, il momento dell’esecuzione musicale vera e propria è presentato solo sporadicamente, quanto basta per collocare Lisiecki nel ruolo di interprete; spesso l’artista è inquadrato nell’atto di posare per la macchina da presa, oppure non è affatto in campo, lasciando spazio a immagini che raccontano contesti urbani contemporanei: un porto commerciale o una metropoli multietnica.
In quest’ultima, sono sottolineate certe forme espressive legate alla cultura hip hop (breakdance, graffiti): si vuole indubbiamente alludere all’attualità di Mozart. Il messaggio, tuttavia, invita a porci delle domande interessanti sulla rappresentazione del concetto di “contemporaneo”. I videoclip hanno raggiunto una popolarità internazionale da quasi quarant’anni; l’hip hop, invece, da circa trent’anni. Siamo sicuri che siano davvero questi i riferimenti spettacolari destinati a riassumere la musica “giovane” degli anni 2020?