Danilo Memoli
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Chick Corea, una lezione
di bellezza e speranza

“Voglio ringraziare tutti coloro che durante il mio viaggio hanno contribuito a mantenere vivo il fuoco della musica. Nutro la speranza che chi si sente portato per suonare, scrivere, recitare e così via, lo faccia. Se non per sé stesso, che lo faccia per gli altri. Non solo il mondo ha bisogno di artisti, ma esserlo è anche una grande gioia.”
Chick Corea, gennaio 2021

Armando “Chick” Corea, pianista e compositore di origini calabresi nato in Massachusets nel 1941, ci ha purtroppo salutati per sempre poche settimane fa.
Il suo lascito musicale è straordinario.
È stato un virtuoso dello strumento (anche in ambito classico e contemporaneo, seppur in maniera discontinua); un compositore prolifico, autore di alcuni tra i più famosi brani del repertorio jazz; un sideman preziosissimo (alcuni nomi con cui ha collaborato lungamente: Blue Mitchell, Mongo Santamaria, Stan Getz, Miles Davis…); un leader di indiscusse capacità e creatività, avendo diretto gruppi a suo nome che sono entrati nella storia del jazz fin dagli anni ‘60. Infine, uno stilista del pianoforte jazz, che prendendo le mosse da Bud Powell, Thelonious Monk, Horace Silver, Bill Evans e McCoy Tyner ha sviluppato uno stile personalissimo caratterizzato da un’intensa percussività, una modernissima concezione armonica, un fraseggio elegante e un linguaggio che ha aperto nuovi orizzonti al jazz post-Coltrane.

Tra i suoi dischi più belli, sono senz’altro i giovanili “Tones for Joan’s Bones” (1966) e “Now He Sings, Now He Sobs” (1968). Il primo è in quintetto e trio, e rivela una maturità compositiva e stilistica fuori del comune. Il secondo, in trio con Miroslav Vitous al contrabbasso e il magico Roy Haynes alla batteria, è un vero capolavoro dal quale emergono tutte le caratteristiche innovative di Corea, da un’estetica trasversale pur mantenendo una forte identità personale ad uno stile solistico veramente imprevedibile, creativo, spontaneo e ricco di interplay con i due partners. Il suo memorabile assolo nel modernissimo blues Matrix è diventato un punto di riferimento per tutti i musicisti che lo hanno ascoltato, trascritto, analizzato (il grande Lee Konitz ne ha registrato una fulminante versione armonizzata per nonetto di fiati, nel 1976).

Con Davis, negli anni settanta, ha contribuito a creare sonorità d’avanguardia e atmosfere magiche assecondando la visione di Miles, che in quel periodo con il disco “In A Silent Way” ha rivoluzionato il jazz per l’ennesima volta, introducendovi ritmi rock e suoni elettrici in un raffinato contesto modale.
Fondatore del gruppo jazz-rock “Return to Forever”, Chick ha riscosso un successo strepitoso di pubblico giovanile negli anni della fusion, scrivendo musica accattivante pur sempre impregnata di creatività e ricca di improvvisazione.
Negli ultimi anni Chick Corea ha girato il mondo con gruppi di elevato livello, composto musica senza sosta, registrato dischi divenuti famosi.
Ci ha dunque lasciati un grande musicista, al quale dovremo sempre essere grati per l’opera suggestiva e altamente personale. Le parole che ha regalato al mondo poco prima della sua dipartita – e che ho tradotto e riportato in apertura di questo scritto – ne sono testimonianza e conferma.

Oltre a dirigere un proprio trio, il pianista Danilo Memoli ha suonato dal 1998 per circa un decennio nel quartetto del sassofonista newyorkese Steve Grossman. Fondatore e leader del Newropean Quartet, ha collaborato con Carlo Atti, Roberto Rossi, Fabrizio Bosso, Piero Odorici, Robert Bonisolo, Fabio Morgera e gli americani John Mosca, Dave Schnitter, Vincent Herring, Eddie Henderson, Jesse Davis, Lew Tabackin, Tom Kirkpatrick, Bob Sands, Kurt Weiss, Ruth Young, Charles Davis. Ha tenuto concerti e workshops in molti Paesi europei e a New York, e inciso numerosi dischi come leader e come sideman.
Insegna pianoforte e musica d’insieme jazz in Veneto, dove risiede nella città di Vicenza, e tiene workshops e seminari intensivi.  www.theloniousvicenza.it