Veronica Pederzolli
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Donne, cuochi e notti stellate: dove nacquero i Quartetti di Beethoven

Dalle passioni di un nobile committente al moto delle sfere portato in musica, quante cose accadono e si ritrovano nelle pagine di musica di Ludwig van Beethoven. Il Quartetto Jerusalem, in concerto a Vicenza, proporrà due opere apparentemente lontane tra loro, l’op. 59 e l’op. 132, ma dove irrompe la personalità in perenne evoluzione del grande maestro.

Andreas Rasumovskij era un conte che dal 1794 si stabilì alla corte di Vienna come ambasciatore russo. Oltre alla politica, due furono le sue grandi passioni: le donne e la musica. Passioni del tutto comuni in una Vienna in cui “perfino i cuochi sanno suonare la viola”, ma bisogna dire che Rasumovskij riuscì magnificamente in entrambe, diventando uno dei personaggi più cool e seguiti dalla mondanità viennese. Ebbe una relazione con l’imperatrice Caterina, fece battere il cuore di Maria Carolina d’Austria, fu un grandissimo mecenate musicale e nel 1806 fondò un quartetto d’archi con Ignaz Schuppanzigh. Quest’ultimo, infatti, oltre a essere un grandissimo violinista era anche un amico stretto di Beethoven, che gli aveva affidato le prime esecuzioni di molta della sua musica da camera. Ecco dunque che il passo fu breve: il Quartetto Schuppanzig non poteva che iniziare con musica di Beethoven e così Rasumovskij commissionò al compositore un ciclo di quartetti.
Nacquero i tre Quartetti op. 59 che, con qualche tema russo a fare l’occhiolino al mecenate, raccontano del saluto tutto personale che Beethoven fece al ‘700, non solo aprendo le porte al Romanticismo ma anche fondando la concezione moderna della musica. Emerge qui, nel compositore, la necessità – non più il dovere o il desiderio – di trovare un suono assoluto per il quartetto e così ne scava le potenzialità timbriche ed espressive all’interno di un vero e proprio processo più che di una forma tradizionale.
Tra questi, il secondo quartetto – in programma lunedì 24 febbraio al Teatro Comunale di Vicenza – brilla per purezza espressiva: Beethoven attraverso contrasti e giochi di luce-ombra crea una dimensione totalmente sovrapersonale. Essa è ben espressa dal secondo movimento, quel Molto adagio che si fantastica esser nato tra i prati di Baden, in una notte stellata, e con il quale Beethoven intendeva dar suono al movimento delle sfere.
Oggi, a 250 anni dalla sua nascita, sappiamo che Beethoven ci mise quattordici anni a tornare al genere del quartetto e forse non è una casualità che lo fece proprio quando Schuppanzig rimise piede a Vienna, dopo che l’aveva lasciata nel 1816. Ecco dunque i cinque quartetti dell’ultimo periodo, che toccano il vertice della sua scrittura, tesa in un’esplorazione che riconosciamo tra le più visionarie della storia dell’arte. Tra questi vi è il Quartetto in La minore op. 132, che al Comunale completerà il programma. Fu portato a termine dal compositore a fine luglio del 1825, dopo un lungo periodo di crisi dovuto alla malattia che due anni dopo lo porterà alla morte. Sono pagine complesse che si costruiscono attorno alla famosa “Canzona di ringraziamento offerta alla divinità da un guarito, in modo lidico”, la cui concezione così sublimata guarda alla Missa Solemnis in un clima di rinnovata salute spirituale.

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Un programma che spazia dal Quartetto per archi in Mi minore Op. 59 n. 2 – detto appunto “Razumowsky” – al Quartetto per archi in La minore Op. 132, rappresenta un viaggio nella produzione di Beethoven. Lunedì 24 febbraio, al Comunale di Vicenza, saranno Alexander Pavlovsky, Sergei Bresler, Ori Kam e Kyril Zlotnikov a interpretare questo spaccato di vita e opera del grande autore. Tutti musicisti israeliani che, dopo gli studi al Jerusalem Music Centre e all’Accademia Rubin di Gerusalemme, nel 1993 decisero di fondare il Jerusalem Quartet, oggi considerato tra le formazioni da camera più interessanti del nostro tempo. Il suono caldo e l’espressività sempre ricercata hanno infatti convinto i palchi di tutto il mondo e hanno portato i quattro musicisti a collaborare con solisti del calibro di Isaac Stern, Tabea Zimmermann o György Kurtág, a ottenere il marchio esclusivo Harmonia Mundi per le registrazioni e a vincere prestigiosi concorsi.