Cesare Galla
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Il “mistero vicentino” dei Mozart

Per sottolineare il 250° anniversario del brevissimo soggiorno di Mozart a Vicenza, la Società del Quartetto, grazie a un’idea di Andrea Marcon, proporrà dal 14 al 16 marzo tre concerti in streaming, visibili gratuitamente sui propri abituali canali digitali. Il programma sarà diviso fra quartetto d’archi e fortepiano, e proporrà alcune pagine famose ed altre in varia maniera collegate all’epoca del primo viaggio in Italia, avvenuto tra la fine del 1769 e la fine di marzo del 1771. I concerti saranno videoregistrati a palazzo Giustiniani Baggio in Vicenza e avranno per protagonisti la fortepianista Temenuschka Vesselinova e il quartetto d’archi Venethos Ensemble.
In vista di questo appuntamento, MusiCare ospita il gustoso e informato intervento del critico musicale Cesare Galla a proposito del passaggio dei Mozart per la città che già era del Palladio. Cesare Galla curerà anche l’introduzione all’ascolto dei tre appuntamenti musicali.

Da Montaigne a Goethe, da Montesquieu a Inigo Jones, per tacere dei viaggiatori ottocenteschi e novecenteschi capitati all’ombra degli edifici del Palladio (George Byron e Albert Camus, solo per dire), i visitatori illustri di Vicenza sono una folta e come suol dirsi selezionatissima schiera. I loro resoconti, le note di viaggio, i diari sono fonti significative, tanto più interessanti quanto più offrono, come avviene nei casi migliori, una prospettiva critica non superficiale sulla città, sulla sua vita e la sua “sociologia”, oltre l’innegabile fascino dei suoi monumenti.
Per motivi che si capiranno subito, invece, è in genere noto solo agli addetti ai lavori il fatto che anche uno dei maggiori compositori di ogni tempo fu tra gli “uomini di cultura” capitati nella piccola Vicenza. Si tratta di Mozart, che alla metà di marzo di 250 anni fa trascorse circa 48 ore nella città del Palladio. Non era uno storico, non era un critico d’arte, non uno scrittore: era un musicista-ragazzino in viaggio per lavoro sotto la tutela un po’ oppressiva e un po’ interessata del padre, che lo aveva accompagnato in giro per la Penisola, da Verona a Bologna, da Milano a Torino, da Roma a Napoli e poi, tornando indietro, a Venezia e a Padova: un itinerario durato oltre 15 mesi, studiato per sfruttare al meglio l’indubbia genialità di quel figlio-prodigio. Questo può in parte spiegare il fatto che la permanenza a Vicenza dei Mozart – arrivo il 14 marzo 1771, partenza il 16 – non abbia lasciato traccia nei documenti: altre erano le capitali o i luoghi importanti della musica in Italia, nei quali padre e figlio dovevano darsi da fare sul serio.
Erano, entrambi, due scrittori compulsivi di lettere. Eppure, non si conosce una sola riga in cui il quindicenne Wolfgang parli della città ai piedi dei Berici. E l’unica lettera datata da Vicenza e inviata da Leopold alla moglie, rimasta a Salisburgo, racconta molte cose interessanti su come si viaggiasse allora con il Burchiello sul Brenta da Venezia verso Padova e di come fosse la vita musicale nella Città del Santo (dove in effetti arrivò una commissione per quello che poi sarebbe stato l’Oratorio La Betulia liberata). Ma nulla su Vicenza.

L’invito era stato fatto ai Mozart, durante gli ultimi giorni del soggiorno veneziano, dal vescovo Marco Giuseppe Corner (o Cornaro), uno degli ultimi esponenti dell’illustre e antica famiglia dogale veneziana. Fra i suoi antenati c’era la “regina di Cipro” Caterina Corner, alla fine del Quattrocento costretta a rinunciare al trono e trasferita d’imperio dalla Serenissima in quel di Asolo. Il vescovo Cornaro si era insediato a Vicenza nel 1767. Probabilmente, nel Carnevale di quel 1771 aveva preferito ritornare nella sua città natale, piuttosto che rimanere nella diocesi di cui era alla guida. E lì aveva avuto modo di conoscere il genio del ragazzino, apprezzandolo al punto di insistere con il padre perché si fermassero da lui, sulla via del ritorno verso Salisburgo. Leopold lo aveva annunciato alla moglie già il 1° marzo: «… Dovremo fermarci due o tre giorni anche a Vicenza perché il locale vescovo della famiglia Cornaro non vuole lasciarci passare senza che noi pranziamo da lui, o meglio senza che ci fermiamo almeno qualche giorno presso di lui».

Nella citata lettera scritta a Vicenza il 14 marzo, poi, Leopold aggiunge che «domani, il 15, resteremo a Vicenza non senza ragione». Quale sia questa ragione, se semplicemente l’insistente invito del vescovo o qualche altra motivazione, allo stato della conoscenza dei documenti non lo sappiamo. Quello che sappiamo, e che appare peraltro inspiegabile, è che a Vicenza i Mozart si comportarono – almeno stando al resoconto del capofamiglia – in maniera completamente diversa dal solito. A Venezia avevano girato in lungo e in largo; a Padova il 13 marzo, nelle precise parole di Leopold, avevano visitato «tutto quello che era possibile vedere in un giorno». A Vicenza, nulla.

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Le curiosità, quindi, sono destinate a rimanere tali. Wolfgang ragazzino percorse le poche centinaia di metri che separano il palazzo vescovile (che sorgeva allora dove si trova ancora oggi e dove con ogni probabilità trascorse due notti) dalla piazza dei Signori, scoprendo il palazzo della Ragione, così simile a quello padovano eppure “migliorato” con una strabiliante invenzione palladiana? Ebbe modo di notare le donne vicentine, che tanto avrebbero colpito il suo compatriota Johann Wolfgang Goethe? Si spinse, giù dalla piazza, verso l’edificio in riva al Bacchiglione che nascondeva allora come oggi quella meraviglia senza pari che è il teatro progettato da Andrea Palladio per le riunioni dell’Accademia Olimpica? Una scena, per inciso, che 210 anni più tardi avrebbe ospitato il primo consistente revival in Italia delle sue opere composte proprio durante i viaggi nella Penisola. E qualche anno prima aveva fatto da sfondo per parte di un film dedicato al suo Don Giovanni.
Se lo fece, non lo sappiamo. E in ogni caso non ritenne di doverne parlare, né allora né mai. Quello che sappiamo è che suo padre aveva portato con sé per questo primo viaggio in Italia (ce ne sarebbero stati altri due, senza soste a Vicenza) una sorta di popolare “Guida turistica” d’epoca, il resoconto di viaggio di Johann Georg Keyssler intitolato Neueste Reise durch Deutschland, Böhmen, Ungarn, die Schweiz, Italien und Lothringen, che si era procurato nella seconda edizione, pubblicata nel 1751. La descrizione di Vicenza contenuta in questo libro anche se non sempre precisa è dettagliata a sufficienza per destare la curiosità del viaggiatore (parla della Basilica, dell’Olimpico e della sua Accademia, ci sono anche descrizioni naturalistiche dei luoghi). A proposito dei vicentini, però, Keyssler dice (riporto la traduzione del testo contenuta ne I viaggi di Mozart in Italia di Rudolph Angermüller, 1995) che «…gli abitanti sono accusati dagli altri italiani di essere vendicativi e vengono comunemente chiamati “gli assassini vicentini”. Non posso dire se a ragione a torto».
Non sappiamo se Leopold Mozart abbia tenuto in maggior conto il dubbio di Keyssler o la diceria che egli comunque riferisce. E che qualche fondamento doveva avere se è vero, come riporta Emilio Franzina nel suo Vicenza – Storia di una città (1980), che nel 1765 si calcolarono circa 300 morti violente in tutto il territorio della provincia, su una popolazione di meno di 200 mila abitanti. Resta il fatto che, allo stato attuale dei documenti, padre e figlio non hanno avuto alcun rapporto con la città dove erano ospitati, eccezion fatta per il vescovo Cornaro. Come se fossero rimasti prudentemente ritirati nel suo palazzo, al riparo da ogni possibile insidia.
Solo quindici anni dopo, nel settembre 1786, Goethe – che probabilmente conosceva il libro di Keyssler e viaggiava da solo, per quanto in incognito – avrebbe trovato che Vicenza era uno dei luoghi più interessanti e ricchi di suggestioni artistiche d’Italia, gradevole anche per il carattere e le abitudini dei suoi abitanti. Ma questa è un’altra storia.


Cesare Galla è critico musicale e opinionista sui temi della cultura. Giornalista professionista dall’età di 25 anni, ha lavorato al Giornale di Vicenza come redattore, caposervizio e vice-caporedattore fino al 2014. Si è occupato di cronaca nera e bianca, di web e mondo digitale e soprattutto di spettacoli e cultura. Contemporaneamente, ha sempre svolto la critica musicale, dal 1996 anche sul quotidiano veronese L’Arena.
Ha recensito migliaia di concerti e centinaia di rappresentazioni operistiche e ha pubblicato alcuni libri, l’ultimo su Verdi. È socio dell’Associazione Nazionale Critici Musicali dalla fondazione. Cura sul web il suo sito personale d’informazione, musicale ma non solo, www.cesaregalla.it. Collabora con i magazine on line Doppiozero, Le Salon Musical e Corriere Musicale.