Dagli studi in Organo e Direzione di coro a quelli in Biologia molecolare, dalle chiese ai laboratori dell’università. È la vita di Rosalba Cipriani, 25 anni e due grandi interessi nella vita. In questi giorni è ospite della rassegna Orgelmesse 2022, ma quello che sarà il suo lavoro è già deciso. Ecco perché.
Domenica 10 luglio, nell’ambito della rassegna Orgelmesse 2022, Rosalba Cipriani ha suonato musiche di Bach, Zipoli e Bossi sull’organo Zarantonello del 1903 nella chiesetta di Torreselle di Isola Vicentina.
Sabato 23 luglio sarà invece a Montegaldella, impegnata sull’organo Zordan del 1896, intervallando la celebrazione liturgica con brani di Stölzel, Moretti, Boyce e, ancora, immancabile, Johann Sebastian Bach.
Nel mezzo non sarà in conservatorio o in qualche accademia internazionale di organo e composizione organistica. Certo, studierà (e molto) sull’organo elettronico di cui dispone in casa. Ma, per la maggior parte del tempo, sarà in un laboratorio dell’Università di Padova.
Perché Rosalba Cipriani, classe 1998, di Noventa Vicentina, è una ragazza dalla doppia natura: dopo gli studi in clavicembalo, nel 2020 si è diplomata in Organo e Composizione Organistica al Conservatorio di Vicenza, sotto la guida di Enrico Zanovello; parallelamente, nel 2019 si è laureata in Biologia Molecolare all’Università di Padova, dove attualmente frequenta la laurea magistrale in Molecular Biology.
Ed è proprio da questo parallelismo apparentemente inconciliabile che muove questa chiacchierata con lei, voluta da MusiCare per dare luce ai non pochi eclettici che animano i cartelloni di molte stagioni musicali.
Organo e composizione organistica da una parte, Biologia molecolare dall’altra: ritieni di avere due interessi importanti nella vita o hai due vite?
«Effettivamente non sono due mondi comunicanti. La biologia risponde alla mia parte razionale, all’interesse nei confronti della ricerca e della sperimentazione; la musica mi completa soddisfando il lato artistico e umanistico. Credo di non poter fare a meno di nessuno dei due.»
Anche la musica, soprattutto nell’ambito della composizione, di cui è ricco il percorso di studi in Organo, ha un aspetto razionale importante.
«Sì, ho apprezzato la composizione nei miei anni di organo, mentre devo dire che ero meno a mio agio con l’improvvisazione. Anche nella Direzione di coro, che sto studiando, vi è una parte che potremmo definire razionale molto importante, dall’idea globale ai dettagli.
Ma credo che ciò che maggiormente mi ha dato la musica in funzione dello studio scientifico, per assurdo, sia il metodo: lo studio che si fa con la musica prepara allo studio universitario. Credo sia una questione di forma mentis.»
Il tuo stato Whatsapp recita così: if you fail to plan, you’re planning to fail (se non riesci a pianificare, stai pianificando di fallire). Qual è il grado di sostenibilità delle due attività assieme?
«Il momento più difficile è stato nel 2020: mi trovavo alla prima sessioni di esami della magistrale in Biologia molecolare e, al tempo stesso, dovevo preparare il diploma in organo. Per l’università studiavo sempre tutto all’ultimo e il primo anno di magistrale l’ho frequentato da iscritta part-time per riuscire a diplomarmi in organo. Inoltre, a ridosso del diploma non potevo nemmeno andare a lezione per il covid… È stata una bella sfida.»
E adesso?
«Dopo la laurea vorrei tentare il dottorato di ricerca e l’anno prossimo finisco l’accademia di Direzione corale “Piergiorgio Righele”: ad ottobre ho anche fondato un coro all’interno del dipartimento di Biologia dell’Università di Padova.»
E in prospettiva lavorativa?
«La ricerca, senza dubbio.»
Perché non la musica?
«In ambito musicale non mi sento sufficientemente brava per farlo di lavoro. Per affrontare qualsiasi cosa bisogna studiare ma per la musica ci vuole anche un qualcosa in più. Poi magari anche la ricerca andrà male! Non lo so, sto ancora cercando di conoscere me stessa…»
Non credi che, a fronte del tuo notevole curriculum musicale, scelte professionali come la tua aumentino nelle persone la convinzione che la musica possa essere solo un hobby e non una professione?
«Sì, può essere. Mi rendo conto che è come se in ambito scientifico le conseguenze fossero evidenti a tutti; che il valore e la fatica di ciò che fai sono giustamente riconosciuti da tutti. Nella musica invece c’è un’ignoranza educativa che non permette di accorgersi nemmeno degli effetti, delle conseguenze, del valore di questa attività. Il problema sociale c’è. Sembrerà scontato ma la soluzione è tornare a studiare più musica da bambini.»
Conosci molte persone con la tua stessa ampiezza di interessi?
«No, non moltissime. C’è un altro organista impegnato nelle Orgelmesse, Giovanni Tonon, col quale ci conosciamo: lui sta conseguendo la magistrale in Chimica e tecnologie sostenibili. Credo anche lui non intenda fare della musica il suo mestiere.»
Sei più a tuo agio con gli scienziati o coi musicisti?
«Mi sento più a mio agio coi musicisti per sensibilità e visione del mondo. La vita dei biologi è molto totalizzante, capita spesso di uscire dal laboratorio alle dieci di sera, si perde di vista quello che ti circonda. Inoltre fanno fatica a creare un clima adatto per lavorare in team. E se un gruppo di ricercatori non riesce a lavorare assieme c’è alto margine di rischio. Anche in questo, la musica insegna.»