Giovanni Costantini
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Oss Noser, AGIS: «Arte e spettacolo beni primari: passato il dramma non ci siano scuse»

Nostra intervista al presidente dell’Associazione Generale dello Spettacolo del Triveneto, attiva nel sostenere la categoria maggiormente colpita dalle restrizioni sanitarie in atto. Mentre si stimano i danni, Oss Noser guarda avanti e avverte: «Una società matura non può tagliare sulla cultura e i giovani artisti sono i più colpiti, per questo chiederemo alla Regione Veneto uno sforzo onesto: attualmente sta distribuendo carrube, non contributi.»

Risponde al telefono al secondo squillo, e la voce dal timbro radiofonico è priva di accenti e subito cordiale. Lui è Franco Oss Noser, presidente AGIS Trivento, l’Associazione Generale dello Spettacolo, la sigla che riunisce e rappresenta i più importanti soggetti del territorio attivi nello spettacolo dal vivo, nel cinema e nello spettacolo viaggiante. Nato a Pergine Valsugana nel 1945, Oss Noser ha dedicato la vita all’impegno civile e sociale sul fronte della cultura, che definisce “diritto di cittadinanza primario”. Oltre ad una lunga e importante carriera all’interno dell’AGIS, ha rivestito il ruolo di assessore alla cultura del suo Comune, è stato componente della Provincia autonoma di Trento dal 1987 al 1994, all’interno del Comitato Provinciale per le attività culturali, e dal 1986 componente del gruppo di lavoro per la stesura della Legge provinciale in materia di attività culturali; è stato inoltre direttore del Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento e presidente del sistema delle Scuole Musicali del Trentino.
La conversazione divaga piacevolmente di frequente, ma il tema dato non può che essere la condizione in cui versa il settore spettacolo a seguito delle restrizioni per contenere il Covid-19.
Niente concerti, niente cinema, niente spettacolo dal vivo, da un mese e chissà per quanto ancora: era mai capitata una cosa del genere in Italia?
«No, non è mai successa: nemmeno durante la seconda guerra mondiale vi è stata una serrata di questo genere. I cinema, a parte qualche mese dopo la fine del conflitto, hanno proseguito l’attività, magari con meno frequenza; stessa cosa dicasi per lo spettacolo dal vivo. Anche l’alluvione del ‘66 comportò una settimana o poco più di immobilismo. Ma una cosa di questo genere non era mai accaduta.»
Si parla di “tragedia” per il settore che lei, in un certo modo, rappresenta: ha qualche numero da darci riferito al Veneto?
«La Regione ci chiede un report settimanale: nella prima settimana di chiusura, lo spettacolo dal vivo ha perso 1.246.00 euro, il cinema 800.000 euro, lo spettacolo viaggiante 600.000; la seconda settimana 1.233.000 euro lo spettacolo dal vivo, 1.122.000 il cinema, 600.000 euro il viaggiante. Attenzione, però… »
Attenzione…
«Attualmente possiamo parlare solo in termini di danno, ossia di mancati incassi stimati; a questi, dovranno essere sottratti i mancati costi. Mi spiego: l’organizzatore di eventi oggi perde molti soldi perché non può svolgere gli eventi stessi, ma bisognerà capire anche quanti soldi non spenderà in termini di cachet degli artisti, affitto delle sale, SIAE e via così… In questo senso sono destinati a soffrire ancora di più coloro che lavorano nella produzione di spettacoli che non coloro che ospitano.»
Sta dicendo che alla fine della fiera la perdita economica maggiore la subiranno le compagnie che fanno produzione ed i singoli artisti, siano essi attori o concertisti, liberi professionisti?
«Certo, saranno loro a rimettercene maggiormente, perché sono al termine di una filiera in cui tutti saranno più poveri.»
In una prospettiva di lungo periodo, possiamo dire che questo è un altro duro colpo che si abbatte sulle generazioni già afflitte da calo della crescita e crisi economica?
«È esattamente così.»
Ci sono realtà delle quali lei è già a conoscenza che, a seguito di questo avvenimento, chiuderanno i battenti?
«Non ancora, è troppo presto per saperlo. Il decreto dello Stato stanzia 130 milioni di euro per lo spettacolo, ma non è ancora legge e, soprattutto, bisognerà vedere come verranno ripartiti questi soldi e, per tornare a quanto detto poc’anzi, se e quanti ne arriveranno al termine della filiera.»
Che azioni intende intraprendere l’AGIS e cosa suggerisce di fare alle associazioni che operano nel settore, come la Società del Quartetto di Vicenza?
«Come AGIS abbiamo aperto un “tavolo di crisi” in ogni regione e stiamo mettendo a punto la piattaforma di richieste. Chiederemo un impegno straordinario e di onestà alla Regione Veneto, che attualmente distribuisce carrube più che veri contributi. Alle associazioni chiediamo di stringere i denti e di non dividersi: AGIS sta rappresentando tutti, grandi e piccoli, iscritti e non iscritti.»
Dopo anni di impegno politico e civile, avrebbe mai detto di trovarsi a fronteggiare una situazione del genere?
«No, guardi, davvero no. AGIS Triveneto è leader nel settore e stiamo lavorando ad importanti progetti nel bene della categoria degli operatori dello spettacolo. Io sono anziano e non so fino a dove mi sarà dato di vedere i risultati, ma posso dirle che ho dedicato la vita ad un obiettivo: far sì che le attività artistiche e culturali siano considerate a pieno titolo tra i diritti di cittadinanza, beni primari irrinunciabili. Una società matura su questo non dovrebbe avere dubbi.»
E invece gli enti locali diranno che non ci sono soldi, che bisogna salvaguardare i beni essenziali e taglieranno sulle spese culturali.
«E bisogna prenderli a sberle, metaforicamente. Qui si tratta di fare vere scelte politiche, nel senso più alto del termine.»