Paolo Meneghini
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Schiff e i suoi fortepiani: un suono mai sentito, all’Olimpico

Il Brodmann del 1820 ed il Blüthner del 1859: sono i due gioiellini che Sir András Schiff porta con sé per far risuonare nuovamente il Teatro Olimpico di Vicenza (e per sentire come risuonano gli strumenti in quella magica sala). Omaggio a Palladio 2021 sarà speciale anche per questo.

In occasione dei due concerti – in un certo senso “straordinari”, in considerazione della situazione – di Omaggio a Palladio 2021, Sir András Schiff suonerà al Teatro Olimpico due stupendi fortepiani originali.
Si tratta di uno strumento costruito intorno al 1820 dall’artigiano viennese Franz Brodmann e di un Julius Blüthner del 1859 che appartiene alla prima produzione di un’azienda che nella sua lunga storia ha venduto oltre 150 mila pianoforti.
All’epoca di Beethoven, a Vienna erano attivi almeno 200 laboratori artigianali specializzati nella costruzione di pianoforti: un dato straordinario che testimonia il gran numero di strumenti presenti in quegli anni nelle case delle famiglie viennesi. Fra gli artigiani più apprezzati da artisti come Beethoven e Carl Maria von Weber c’era Joseph Brodmann, fratello di Franz, che nel 1796 si trasferì dalla natia Turingia a Vienna per aprire il suo atelier. Nel 1828 l’azienda venne ceduta a Ignaz Bösendorfer, che era stato uno dei migliori apprendisti di Brodmann e che a sua volta fondò proprio in quell’anno un marchio che diventerà uno status symbol nel mondo dei pianoforti.

SCHIFF INCIDE SUL SUO BRODMANN

Il Brodmann suonato da Schiff all’Olimpico appartenne alla famiglia imperiale austroungarica, tanto che nel 1919 Carlo I d’Austria, rifugiatosi in Svizzera, lo portò con sé in esilio. Dopo un accurato restauro nel 1965 a Basilea, negli anni successivi passò nelle mani di Jörg Ewald Dähler, direttore d’orchestra, clavicembalista e fortepianista svizzero di una certa fama. Nel 2010 il fortepiano è stato acquistato dal maestro Schiff che lo ha concesso in prestito permanente alla Beethoven Haus di Bonn.
In un’intervista pubblicata dalla casa discografica ECM Records Schiff ricorda quanto fossero diversi gli uni dagli altri, per suono, per timbro e per registri, i pianoforti – o meglio i fortepiani, hammerklavier in tedesco – che uscivano dai tanti atelier sparsi per tutta Vienna. Personaggi come Beethoven e Schubert erano soliti frequentare questi laboratori chiedendo agli artigiani di costruire strumenti che corrispondessero alle loro personali esigenze.
«Ciò che contraddistingue questi pianoforti storici – spiega il maestro Schiff – è che sono stati creati per suonare un certo tipo di musica, a differenza dei pianoforti moderni con i quali, grazie alle loro caratteristiche, si possono eseguire repertori vastissimi che vanno da Bach a Stockhausen o Boulez. Nei fortepiani costruiti all’epoca di Beethoven i registri acuti, medi e gravi erano nettamente distinti. I bassi, ad esempio, hanno un suono che definirei trasparente dovuto al fatto che le corde sono sottili e di conseguenza non sono in grado di sopraffare gli altri registri».
Non è la prima volta che Sir András Schiff utilizza in concerto, oltre che in sala d’incisione, il suo amatissimo fortepiano. Accadde, ad esempio, alla Wigmore Hall di Londra nel 2015. Il giorno dopo The Guardian titolava “Schubert come non l’avevamo mai ascoltato finora”.