Redazione
d'altroCanto

Un Romanticismo diverso da San Valentino

Un soffio di poesia, con il cuore e con le mani.
È quello che ci mette Benvenuto Fecchio nel realizzare le sue meravigliose ocarine, strumento musicale semplice e povero, storico e popolare, come povera e semplice è la terra da cui proviene, l’argilla del Polesine, in quell’ansa del Po chiamata Grillara.
E in una fredda domenica di febbraio, questo artigiano del suono e della terra prosegue una tradizione centenaria lavorando all’ombra delle mura di un castello, dove non è difficile uscire dal tempo e scoprire la bellezza di un divertimento primigenio.
Le mani di Benvenuto torniscono ciò che diventerà suono mentre la sua voce dice che la gente non ha più il romanticismo di un tempo, che ci sono sempre meno persone romantiche che sanno apprezzare la bellezza e la profondità. Insiste su questo termine, Romanticismo. Nulla ha a che vedere con le luminarie a forma di cuore appese lungo la via, per la festa che dell’amore fa commercio. Non vuol essere nemmeno il riferimento all’accezione storica di una corrente artistica.
Ma in questo suo Romanticismo c’è una nota che potrebbe portarci alla musica ascoltata qualche sera fa al Teatro Comunale di Vicenza, quando le viole da gamba del Suonar Parlante hanno intonato le Fantasie di Purcell, scritte 350 anni fa. Oppure alla ricerca di far apprezzare la bellezza e la profondità della musica ai ragazzi delle scuole che assistono ai concerti delle Stagioni. Ancora, allo stato d’animo di tutti quei giovani italiani che, contro molte statistiche, ogni giorno imbracciano uno strumento, prendono un treno per andare in un Conservatorio lontano, tentano un’audizione per un posto che non c’è, imboccano la strada per un altro Paese.
È il Romanticismo di chi non vive in una bolla ma nemmeno si piange addosso. Ma solo, ancora una volta, offre un soffio di poesia, con il cuore e con le mani.

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