Redazione
d'altroCanto

Quel ricatto chiamato “sostegno”

Lo Stato italiano chiama e i musicisti rispondono. No, nessun bando di riapertura di una delle soppresse Orchestre Nazionali della RAI. Bensì la riapertura delle graduatorie per l’insegnamento nelle scuole secondarie, anche di materie musicali. E così, in ogni parte d’Italia, pianisti, oboisti, violinisti, sassofonisti e flautisti, percussionisti e violoncellisti, chitarristi e clarinettisti hanno fatto scale su scale di segreterie (gli arpeggi non erano richiesti), intonato inni a segretarie collaborative e lamentazioni nella compilazione dei moduli e ritmato crocette e firme su una quantità di carta da compromettere la foresta amazzonica. Tutto questo, con la musica, c’entra poco, per non dire niente.

La maggior parte di queste vittime della burocrazia si troverà, almeno per i primi anni di servizio, a svolgere ruoli di sostegno o di “potenziamento” all’attività didattica: assistenza ai docenti di altre materie e aiuto ai ragazzini che necessitano di uno specifico supporto. Un ricatto sociale che in un Paese civile dovrebbe essere bandito: come si può passare dallo studio dell’analisi di una Sonata di Beethoven ad aiutare con competenza un bambino in difficoltà con le tabelline, quando non peggio? Le eccezioni virtuose non mancano, ma la risposta corale è che si fa più punteggio facendo sostegno nella scuola pubblica che non insegnando musica – il proprio mestiere – nella scuola privata. Queste sono le regole.

Viene in mente la barzelletta del violinista che, pur di lavorare, accetta l’ingaggio di un circo: dovrà sì suonare il violino, ma vestito da coniglio e camminando su di una fune. Il giorno del primo spettacolo scopre con sgomento che durante la sua esecuzione funambolica vi saranno tigri e leoni pronti a sbranarlo. Il poveretto si avvia tremando, spaventato dai salti e dai ringhi sotto di lui. Ad un certo punto, un leone fa un salto più alto degli altri ma invece di inveire sul malcapitato violinista, al volo, gli sussurra: “Vai tranquillo, siamo tutti pianisti!”.

 

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