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Dopo Beethoven, alfa e omega, l’Hèsperos verso nuove sonorità

Con l’esecuzione delle prime e delle ultime pagine per trio del maestro di Bonn, va a conclusione il ciclo dell’integrale dei Trii di Beethoven proposto dalla Società del Quartetto nell’interpretazione dei tre musicisti italiani. Che all’orizzonte hanno un concerto in Fenice ed un progetto datato 1841.

L’alfa e l’omega. Con il concerto di martedì 26 marzo 2019 va a conclusione il viaggio quadriennale nei Trii di Beethoven condotto dall’Hèsperos Piano Trio. Che, per l’occasione, propone quelle che possono essere considerate le prime pagine per archi e pianoforte insieme ad un trio degli ultimi anni, sempre per la firma di una delle tre grandi B della musica. Come spiega bene Riccardo Zadra, pianista del trio: «Il Trio in Mi bemolle maggiore (WoO 38, ndr) è stato pubblicato postumo ma in realtà è il primo scritto da Beethoven; è una composizione giovanile, fresca e leggera. Il ciclo di Variazioni op. 121a invece è l’ultima opera per trio, rimaneggiata a lungo dal maestro e indubbiamente rappresentativa della sua piena maturità artistica. In questo senso ci sono un po’ il principio e la fine.»
Completano il programma, il celebre Trio in Do minore, numero 3 dell’op. 1, primo “grosso” trio per grammatica e colore, ed un altro ciclo di Variazioni, quelle dell’op. 44, su un tema originale di Beethoven.
Il maestro Zadra, chiacchierando sul concerto, esalta la peculiarità delle Variazioni, forma effettivamente molto cara al maestro di Bonn ma non così diffusa nel genere: «Pur nel taglio leggero del tema che va a variare, Beethoven riesce a dare risvolti di grande profondità ed anche la scrittura virtuosistica è sempre raffinata e ricercata e…difficile!»
Si conclude il viaggio in Beethoven, ma non il percorso dell’Hèsperos Piano Trio, che all’orizzonte ha un concerto in Fenice, a Venezia, ed un progetto di ricerca che muove da un regalo che si è fatto il maestro Zadra: «Ho acquistato un pianoforte Pleyel del 1841. Si tratta del modello che prediligeva Chopin, ha un suono dolce e morbido che ben si presta a dialogare con gli archi. Ci piacerebbe proporre Mendelssohn, Schubert e Schumann partendo da questo strumento per reinventare le sonorità del trio.»