Filippo Lovato
tracce

Fischer incide il Canto della Terra per denunciare i cambiamenti climatici

  • Autore: G. Mahler
  • Titolo CD: Das Lied von der Erde
  • Interpreti: Gerhild Romberger, Robert Dean Smith, Budapest Festival Orchestra, Iván Fischer (dir.)
  • Etichetta: CD Channel Classics, CCS SA 40020, DDD, 2020

“La cara Terra che permarrà e continuerà a fiorire in primavera (anche se a noi restano meno di 100 anni per goderne), è il soggetto dell’adorazione di Mahler, l’amica a cui, con tanto dolore, dice addio”.

Per Iván Fischer anche noi, come Mahler, ma per ragioni diverse, dobbiamo congedarci dal nostro pianeta. Così Das Lied von der Erde, ambigua ed estrema partitura del compositore di origini boeme, diventa il canto della lontananza e dell’approdo in un altrove che non è un aldilà.

Nella fatidica estate del 1907 Mahler sperimentò la morte due volte, come esito repentino e tragico della malattia che uccise sua figlia Maria, e come prospettiva d’improvviso prossima della sua vita, allorché gli fu diagnosticata la cardiopatia che l’avrebbe condotto alla fine meno di quattro anni dopo. Nell’estate del 1908, in una capanna tra i boschi nei pressi di Dobbiaco, la sinfonia del Lied prende forma. Il dolore lo si può immaginare intollerabile, la prostrazione somma, ma il compositore ne fugge guardando lontano, verso l’oriente descritto nei testi raccolti da Hans Bethge in Die chinesische Flöte. La musica si colora di esotismo, incanta nell’evocazione dell’ebrezza e della primavera, nella penetrante raffigurazione di atmosfere effimere e sensuali, che avvampano nel bagliore più acuto e intollerabile di un tramonto destinato in fretta a spegnersi. Mahler sembra voler estendere all’infinito il crepuscolo, perpetuare l’addio. Forse non è un caso che l’ultimo dei sei Lied, Der Abscheid (L’addio) duri mezz’ora, circa la metà di tutta l’opera.

Fischer e la Budapest Festival Orchestra, affiancati dalle calde voci del contralto Gerhilde Romberger e del tenore Robert Dean Smith, non cantano lo struggimento, la nostalgia, ma dipingono con fascinosa oggettività, nel nitore di una vivida presa di suono, la twilight zone in cui fluttua la musica di Mahler.

Das Lied von der Erde non è solo il distacco, è già un altrove sconosciuto di impasti sonori siderali, l’eternità (Ewig… ewig…) in cui si perde il canto. Generato dalla crisi personale di un uomo, il Canto della Terra per Fischer diventa universale proprio perché tutti rischiamo di condividere l’addio alle eterne primavere del nostro pianeta.