Silvia Ferrari
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I romantici visionari risuonano sotto le dita del grande “Fima”

Considerato fra i migliori pianisti della sua generazione, Yefim Bronfman sarà al Comunale di Vicenza per restituire la potenza espressiva dei grandi del romanticismo attraverso uno degli ultimi capolavori di Schubert, le Humoreske di Schumann e la Suite Bergamasque di Debussy.

Gli amici lo chiamano “Fima”. Uzbeko di nascita ma con passaporto israeliano e statunitense, Yefim Bronfman è un pianista che il Chicago Tribune ha definito «capace di svelare l’anima della musica». È nato nel 1958 a Tashkent (allora Unione Sovietica, oggi Uzbekistan) da madre pianista e padre violinista. All’età di quindici anni è emigrato con la famiglia in Israele. Occupa da oltre quarant’anni la scena musicale internazionale ed è considerato fra i migliori pianisti della sua generazione, soprattutto nel repertorio romantico e tardo-romantico. Nel pieno di una carriera che l’ha visto esibirsi in ogni parte del mondo in recital e a fianco di prestigiose orchestre, Bronfman arriva sabato 9 marzo alle 20.45 al Teatro Comunale di Vicenza per la Società del Quartetto con un programma affascinante che mette in luce la sua filosofia: «tutto ciò che fai nella vita si riflette nel tuo modo di suonare».
Si inizia con l’Humoreske del visionario e “schizofrenico” Robert Schumann, un filo intrecciato di gioia e dolore, un pendolo sentimentale la cui composizione viene annunciata dal pianista alla moglie Clara l’11 marzo 1839 con queste parole: «Tutta la settimana sono stato al pianoforte e ho composto, riso e pianto allo stesso tempo; troverai l’impronta di tutto ciò nella mia grande Humoreske».
Segue la Suite bergamasque di un altrettanto visionario Claude Debussy, pubblicata due volte dal suo compositore (nel 1891 e nel 1905). La Suite contiene anche il celebre Clair de lune che, liberamente ispirato all’omonima poesia di Paul Verlain, è sicuramente una delle pagine più note dell’intera produzione musicale di Debussy. Sonorità magiche e incantate avvolgono l’ascoltatore in una specie di dimensione onirica.
Termina il concerto la Sonata in Do Minore di Schubert, opera cronologicamente precedente il resto del programma e capolavoro nel suo genere, nonché tra le ultime pagine stese dal suo autore prima di morire a soli 31 anni.

 

 

 

QUANDO IL PIANISTA SE LA PRENDE COL PIANOFORTE…

Il celebre scrittore Philiph Roth ha dedicato a Yefim Bronfman una pagina del suo romanzo “La macchia umana”. Ne riportiamo una citazione: «Poi, ecco apparire Bronfman. Bronfman il brontosauro! Mister Fortissimo! […] È un uomo considerevolmente massiccio nella parte alta del busto, una forza della natura mimetizzata dalla blusa di una tuta, uno che è arrivato al Music Shed dal circo dove esibiva i propri muscoli e che ora se la prende col piano: una sfida ridicola, per la gargantuesca energia in cui sguazza. Più che all’uomo che lo suonerà, Yefim Bronfman somiglia a quello che dovrebbe trasportarlo. Non avevo mai visto nessuno gettarsi su un pianoforte come quel robusto barilotto di un ebreo russo con la barba di tre giorni. Quando avrà finito, penso, dovranno buttarlo via. Lo sta schiacciando. Non gli lascia nascondere nulla. Qualunque cosa avrà dentro dovrà uscire, e con le mani in alto. […]»