Redazione
d'altroCanto

Il canto dei cigni

Non passa giorno che un atleta o un artista russo non venga espulso da una qualche competizione internazionale. Poco importa se nella vita impugna una racchetta da tennis o un violino, e non un kalašnikov: colpa sufficiente è avere passaporto russo. E poco importa pure che non abbia mai espresso sostegno all’azione del proprio Paese d’origine, così come che il regolamento della competizione non preveda l’esclusione per il solo fatto di avere per presidente del proprio Paese un guerrafondaio in attività.
Ultima, in ordine di tempo, la brava violinista Lidia Kochariàn, tagliata fuori dallo storico e prestigioso Premio “Rodolfo Lipizer” di Gorizia al motto di “niente di personale”. Prima di lei era toccato a Medvedev e Rublev, due tra i più forti tennisti sulla piazza, esclusi dagli organizzatori di Wimbledon.
E prima ancora era stata la volta di un certo Čajkovskij, il cui balletto “Il lago dei cigni” è stato bandito dal ministero della cultura ucraino: via Čajkovskij, dunque, che ha la colpa di essere russo, avanti con Giselle, che è francese.
Questi diktat confermano, ancora una volta, che la guerra fa strage anche del raziocinio. La colpa non è certo essere russi. Degni almeno di biasimo sono piuttosto quanti hanno sostenuto o sostengono, apertamente o in maniera dissimulata, il regime di Putin. E Kochariàn, Medvedev e Rublev non sembrano tra loro. Čajkovskij nemmeno, questo è certo.

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