Il Coronavirus sta colpendo la natura sociale dell’uomo, con pesanti ricadute sull’economia, dirette ed indirette. Il settore pubblico potrà supplire temporaneamente al deficit che il privato sta pagando e pagherà? Una cosa è certa: terminato l’obbligo di legge alla clausura dovrà scattare l’obbligo morale alle relazioni.
Il Coronavirus, come tutte le epidemie, colpisce l’umanità in ciò che la caratterizza di più, la socialità. Se ha ragione Aristotele, se l’uomo è un animale sociale, il contagio agisce contro la natura dell’uomo, perché prospera lì dove le relazioni sono più fitte, lì dove meno si manifestano le condizioni che agevolano l’isolamento. Tale è la loro importanza, che la qualità della vita stessa dipende dalla qualità delle relazioni. Le relazioni vanno alimentate, altrimenti si dissolvono. Ecco, il Coronavirus sta rendendo sempre più difficile quest’attività di “manutenzione” della socialità, con ricadute gravi e impensabili.
Nel mondo degli spettacoli dal vivo sono saltate tante relazioni economiche in conseguenza della chiusura dei luoghi in cui esse si sarebbero svolte. Gli artisti, non esibendosi, non incasseranno il loro cachet. Tecnici, maschere e addetti al guardaroba del teatro non riceveranno pagamenti per i servizi che non hanno potuto prestare, ove il loro non sia un rapporto di lavoro dipendente. Il teatro stesso, pur potendo contare su di una riduzione dei costi variabili (ovvero quelli direttamente legati all’uso delle sale), non potrà incassare dalla vendita dei biglietti o dall’affitto degli spazi. Stesso discorso per le associazioni che promuovono cultura, che non saranno pagate per un servizio che, obtorto collo, non hanno prestato.
Le aziende manifatturiere, a causa del Coronavirus, potranno dover fronteggiare un calo di fatturato a causa di una riduzione degli ordinativi ovvero potranno sperimentare difficoltà di consegna dei loro prodotti, quando i loro fornitori non potessero, sempre a causa della stessa epidemia, garantire le consegne dei beni intermedi o dei servizi accessori. Le aziende di servizi, che basano il proprio business sulla relazione in presenza (e non a distanza) con il cliente, subiranno contraccolpi proprio perché il rischio di contagio impone limiti ai contatti. Nell’un caso come nell’altro il peggioramento del conto economico del settore privato si potrà riflettere sulla disponibilità a sponsorizzare le attività culturali. Occorre verificare se il settore pubblico potrà supplire, almeno temporaneamente, ancorché in deficit.
L’epidemia del Coronavirus finirà, com’è successo a quelle che l’hanno preceduta. Quando si potrà dichiarare conclusa l’emergenza sanitaria, occorrerà fare una e una sola cosa, uscire di casa, non solo per tornare al lavoro. Sarà importante affollare bar, ristoranti, negozi, teatri, sale da concerto, cinema, palestre e quanti altri luoghi sono stati blindati dal virus. L’obbligo di legge, sacrosanto e indifferibile, di rimanere oggi tra le quattro mura si rovescerà in un obbligo morale di andare fuori a emergenza conclusa, di stringere le relazioni allentate, di riannodarne di nuove. Di riappropriarsi della nostra umanità, sicuri e fiduciosi.