Filippo Lovato
tracce

Savall risveglia il Tempo di Beethoven

  • Autore: L. van Beethoven
  • Titolo CD: Revolution – Symphonies 1 à 5
  • Interpreti: Le Concert des Nations, J. Savall (dir.)
  • Etichetta: 3CD AliaVox, AVSA9937, DDD, 2020

Forse ha ragione Andrè Tubeuf quando scrive nel booklet di un Beethoven diventato ormai “un levigato oggetto di culto o di lusso, incensato, verniciato, oliato”. E ha ancora ragione a scrivere che Savall con la sua interpretazione radicata in uno studio attento delle fonti, quanto agli organici da impiegare, e in un clamoroso rispetto dei metronomi indicati dal compositore (inapplicabili per più di qualche direttore, sbagliati secondo un’analisi che mette in dubbio l’affidabilità dello strumento brevettato da Mälzel al tempo di Beethoven), insomma con la sua ricerca di autenticità, nel suono e nell’agogica, svernicia il ritratto e fa emergere l’ardore, le asperità, i graffi, il viso arruffato e scontroso del genio di Bonn che tutto avrebbe potuto aspettarsi dal futuro, tranne che di venire addomesticato.
La riuscita operazione del musicista catalano, a 250 anni dalla nascita di Beethoven, in qualche modo giustifica il titolo Revolution scelto per il progetto dedicato alle nove sinfonie, non perché Savall e Le Concert des Nations siano i primi a suonarle con strumenti originali, quanto perché un recupero così radicale della prassi antica ha l’effetto di far percepire meglio la discontinuità tra quanto si faceva prima che il compositore tedesco mettesse mano alla penna e quanto si sarebbe fatto dopo.
L’evidenza di questa verità balza all’orecchio in particolare ascoltando l’ultimo tempo della quinta: immaginate di essere abituati ai rondò di Haydn, tutti humour e acume, e di essere investiti da quel teatralissimo trionfo di suoni squillanti sostenuti da un rombo secco di timpani che scuote l’aria. Qualcosa era cambiato: il delirio degli ascoltatori del tempo lo dimostra. Per noi la sorpresa è scomparsa, la meraviglia si è dissolta nell’abitudine a ben altre asprezze.
Però Savall meglio di altri riesce a rievocare qualcosa di quello sconvolgimento, spesso estremizzando: i tempi sono stringati, fin troppo in certi casi (la marcia funebre della terza), viene dissolta l’ingentilita amalgama sonora nella quale si crogiolano tante interpretazioni su strumenti moderni. L’orchestra stride, graffia, crepita, scoppia. Il catalano va dritto al sodo, senza pietà e, si direbbe, senza compromessi. Terza e quinta sono dirompenti, ma anche le altre tre non appaiono per nulla ammorbidite, benché sia in esse più evidente il retaggio dell’equilibrio settecentesco.
E dire che siamo solo alla prima parte del progetto dedicato alle nove: non si può che attendere con trepidazione la seconda, a cui il Covid ha messo un freno.
Da correggere un errore di traduzione nello scritto di Savall incluso nel booklet che è rimbalzato in tutte le versioni, tranne quella in tedesco: quando il corrispondente della Gazette, sottolineando il ruolo preminente dei fiati nella prima sinfonia, parla di Harmoniemusik non si riferisce a un’ “opera di armonia” ma a “opera per ensemble di fiati (Harmonie)”.