Várjon precipita alle radici, ma senza abbadono

Il disco allinea la Sonata op. 1 di Berg, V mlhách (Nella nebbia) di Janáček e la Sonata in Si minore di Liszt. La disposizione dei brani, se si considera la revisione del 1920 dell’op. 1, va a ritroso nel tempo, come un risalire alla sorgente o uno scendere alle radici. Lì c’è il gran lavoro di Liszt, sonata in un unico movimento ininterrotto, anche se articolata in differenti tempi, la quale, se si prosegue in profondità, è debitrice alla fantasia Wanderer di Schubert.
La Sonata in Si minore si specchia nella Sonata op. 1 di Berg, anch’essa in un unico movimento. Ma il lavoro dell’austriaco meglio sarebbe considerato un’incompiuta. E poi Paul Griffiths nel libretto nota che, anche se la Sonata op. 1 si definisce atonale, quando l’altra eleva il vessillo del suo Si minore nel titolo, proprio attorno ad un Si minore si definisce fugacemente la tonalità del primo motivo del brano di Berg.
Janáček tra i due pare più un intermezzo tra due atti: quattro pezzi intrisi di riferimenti alla musica popolare, ispirati più al Debussy impressionista.
Sarà per l’originale compilazione della tracklist, sarà per la qualità delle letture proposte, sarà forse per la foto che lo ritrae ispirato e occhialuto nel libretto, ma Dénes Várjon, in questo terzo CD registrato per la prestigiosa ECM, sembra ben proporsi come pianista intellettuale, un analitico se si vuole, che persegue la chiarezza dell’espressione, il nitore sopra la foga. E così vien da credere che il “Precipitando” del titolo non sia abbandono alla gravità ma accelerazione cosciente. L’interprete, che considera, tra gli altri, l’incontro con András Schiff come fondamentale per la sua crescita artistica, non si lascia prendere la mano, ma domina la pagina e la definisce. Idee chiare e distinte, insomma, ma un pizzico di abbandono in più non avrebbe guastato.