Bepi De Marzi
ilConcertoNONèMorto

Nemmeno un budino
se non c’è amore

Il premio per il primo concerto in famiglia, i sedicenti operisti dell’800 che allontanavano il pubblico dai grandi teatri, il mercato musicale autoreferenziale, la musica a scuola che non c’è, i ragazzi italiani che vanno all’estero. E la lezione di Mario Rigoni Stern. Il maestro Bepi De Marzi ci fa dono dei suoi ricordi e del suo sguardo lucido e disincantato nel leggere l’attuale rapporto tra musica e società.

Do Mi-Do Sol Sol (ribattuto) Do Mi-Do Sol Sol (in ottava)… Per la Sonatina di Clementi imparata a memoria mia mamma ha fatto il budino: “A Beppino non piacciono i dolci: mangia solo il budino dallo stampo”. Stavano seduti sull’ottomana in tinello, dove c’era il pianoforte Maltarello, mia mamma e mio papà con i miei fratelli sulle ginocchia, mia sorella sulla seggioletta dei giochi. Il mio primo concerto.

Quando in Conservatorio c’era l’esame di Storia della musica, si poteva sorteggiare anche il temuto argomento “Minori dell’Ottocento”. Alcuni manuali recitavano quasi aggressivamente che “soprattutto intorno a Verdi si agitavano senza autentiche ispirazioni e soprattutto senza profonda preparazione, decine di sedicenti operisti…”. Secondo i Quaderni per gli esami, questi musicisti “contribuivano a creare sconcerto nel pubblico, abbandoni delle presenze nei Grandi Teatri con disappunto degli impresari, molti dei quali senza scrupoli nello sfruttare le ambizioni degli aspiranti compositori che pagavano anche i fantasiosi e costosi allestimenti”.

Ricordo un incontro asiaghese di Mario Rigoni Stern con i lavoratori pensionati iscritti alla CGIL, il “suo” Sindacato. Era una mattina di domenica a mezza estate e il grande narratore lasciò stupefatti i moltissimi ascoltatori dicendo: “Leggete, leggete, ma leggete per capire e per amare. Scambiatevi pareri, esperienze, emozioni. E lasciate che a scrivere sia chi conosce bene la lingua, chi ha qualcosa di nuovo da dire, da proporre, anche da ricordare”. E ripeteva sconsolatamente: “Ora che tutti scrivono e pubblicano in proprio, quasi nessuno legge”.

Così nella musica oggi. Si premono pochi tasti del computer e il “programma” elabora “composizioni” che poi la stessa macchina riproduce immediatamente anche per “farle girare” in Rete. Con Mario Rigoni Stern si potrebbe dire: “Ora che tutti inventano musica, pochi sono disponibili all’ascolto”. Il mercato dei dischi è in crisi da tempo, ma si continuano a produrre in proprio CD e DVD che nessuno ascolta, che nessuno guarda.

Nei Conservatori si propongono i Corsi Accademici dove si impara un poco di tutto. Nella Scuola Media si continua a tormentare la generazione degli adolescenti con il micidiale flauto dolce. Nelle Scuole Materne si canta in inglese “seguendo il disco” a tutto volume. Nella Scuola Primaria e nella Scuola Superiore, tranne in qualche Istituto a Indirizzo Musicale, la musica è totalmente assente.

E avrebbe bisogno soprattutto di ascoltatori preparati, “per capire e amare”. Poi, come per una dichiarazione tra innamorati, proseguire nelle emozioni e nella felicità. Far suonare stabilmente, in complessi e in orchestre istituzionalizzate, i diplomati di Conservatorio. Che sono tanti e tanto bravi. Che fanno immensi sacrifici. Che sono costretti a lasciare l’Italia anche per fare mestieri umilianti. Perché l’Italia non sostiene, non ringrazia queste generazioni di ottimi musicisti nemmeno con un budino.