Sandro Pupillo
ilConcertoNONèMorto

Dove il concerto non morì, non muoia la memoria

Terezín, il campo di concentramento in cui si faceva musica; ma anche il concerto dell’1 agosto 1943 a Buchenwald e l’orchestra di donne ebree ad Auschwitz. Frammenti di storie, nomi e luoghi, per ricordare le note più dolorose di quel pezzo di storia.

Ci sono molte ricerche che ci confermano quanto la musica sia stata compagna di attimi di respiro nel buio dei lager nazisti e che hanno portato alla luce oltre 4mila composizioni, delle quali solo il 10 per cento è stato totalmente recuperato. Si parla di oltre 1600 musicisti che vennero internati nei campi di concentramento tra cui, ad esempio, Jozef Kropinski che durante la prigionia compose più di trecento opere.
Nel ghetto di Terezín i compositori Pavel Haas, Hans Kràsa, Viktor Ullmann, Gideon Klein e Sigmund Schul promossero la cosiddetta Entartete Musik, “musica degenerata”, proprio quella che fu bandita durante gli anni del nazismo. A Buchenwald il giovane direttore d’orchestra cecoslovacco Vlastimil Louda, l’ 1 agosto 1943, organizzò il primo concerto del campo il cui programma includeva, tra l’altro, una fantasia sui temi dell’opera Dalibor di Smetana, brani di Mozart (tra i quali la Serenata Eine Kleine Nachtmusik) e la marcia Erinnerung an Buchenwald (Ricordo di Buchenwald), appositamente realizzata da un deportato, Ondrej Volráb.
Ad Auschwitz il gruppo più noto è forse quello che appare nella storica gigantografia all’ingresso dove i musicisti, su ordine dei loro stessi carnefici, furono costretti a suonare tutti i giorni per dar vita ad un finto clima di serena accoglienza. E sempre ad Auschwitz il capitano delle SS Alois Brunner ordinò alla violinista Alma Maria Rosé, nipote di Gustav Mahler, di costituire un’orchestra sinfonica di donne ebree detenute, che dilettassero lui e i suoi colleghi. Perirono poi quasi tutte nelle camere a gas; non la Rosé che morì di stenti e di malattia il 5 aprile 1944.
Tante di queste storie e di queste musiche fortunatamente non sono andate distrutte ed oggi contribuiscono a ricordarci uno dei momenti più orribili della storia recente.
La musica e, addirittura, il concerto non morirono dove tutto moriva. Non muoia nemmeno la memoria.