Parlare di Astor Piazzolla potrebbe risultare un’impresa titanica, tanto è vasta la sua produzione musicale. Sono infatti tantissime le sue composizioni, centinaia quelle registrate con i tanti ensemble da lui diretti. Sì, perché Piazzolla era un vulcano di idee in continua eruzione, un gran lavoratore, metodico e meticoloso. E anche quando, di idee, non ne aveva, si sedeva comunque al pianoforte, “provocandole”. Così racconta suo figlio Daniel, che di lui ha un ricordo molto nitido, di un musicista intento a comporre dalla mattina alle sette fino a sera, ovviamente quando non era in tournée per il mondo.
Quando anni fa ebbi modo di avvicinarmi alle sue composizioni da ascoltatore, ma soprattutto da musicista, rimasi affascinato, attratto da quella musica così passionale e al tempo stesso così moderna: questo era, Piazzolla, il Tango Nuevo! Da fisarmonicista e jazzista, mi sentii da subito vicino a quel sound, dove, in alcuni passaggi, era persino possibile improvvisare, proprio come nel jazz. Ed è con questa forte passione, a cento anni dalla sua nascita, che voglio raccontare cosa fece Piazzolla nella musica e per la musica.
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Nato a Mar del Plata nel 1921, ha origine italiane. I nonni, infatti, emigrarono in Argentina verso la fine dell’Ottocento in cerca di una vita migliore. Ma fu a New York, dove la famiglia si trasferì per un po’ di tempo, che ricevette in dono dal padre Vicente un bandoneon. Di origine europea, questo strumento era diventato in poco tempo il suono del tango e Astor dimostrò subito interesse e talento per la musica. A 18 anni, di ritorno a Baires, così chiamata familiarmente dagli argentini Buenos Aires, si unì all’orchestra di Anibal Troilo che, insieme a Gardel, era uno dei musicisti di tango più conosciuti e rispettati della prima metà del Novecento in Argentina. Con lui collaborò per anni come bandoneoista e arrangiatore, ma iniziò a scrivere partiture sempre più ardite, sperimentali, che avrebbero scardinato la rigorosa e vetusta struttura musicale del tango. “Non aggiungere note strane alla mia musica Astor, altrimenti i ballerini non vorranno più ballarla”, gli disse Troilo un giorno.
Decise così di andare a Parigi e di studiare composizione con Nadia Boulanger per diventare un compositore classico, ma fu proprio lei che gli fece capire qual’era la sua strada: il tango; e Piazzolla stesso ha sempre sostenuto di essere un “uomo di tango”. Così, a metà degli anni Cinquanta iniziò la sua personale rivoluzione, la rivoluzione del tango. Ma come si sa, spesso le rivoluzioni non sono ben viste, portano a cambiamenti, a mettere in discussione quello che per la maggioranza è intoccabile, perché “va bene così com’è”. E il tango, una musica oramai consolidata nelle proprie strutture armoniche, negli arrangiamenti e nell’esecuzione, da oltre mezzo secolo era una verità e non si poteva toccare, ma lui invece proseguì per la sua strada e nessuno avrebbe più potuto fermarlo. Piazzolla, “l’assassino del tango”, così lo definirono gli argentini.
La trasformazione del Tango che Piazzolla mise in atto è descritta molto bene dalle parole di Daniel Barenboim, conterraneo e anche lui studente della Boulanger, che disse che la sua musica era costituita dal tango originario a cui aveva sovrapposto le idee della musica colta del Novecento (in particolare Ravel, Stravinskij, Bartók e Hindemith), trovando così un modo naturale per farlo evolvere. In realtà Piazzolla, che scriveva sempre tutto, contaminò il tango anche con il jazz, inserendo l’improvvisazione come elemento aggiuntivo. Infatti, nelle varie formazioni da lui dirette, ebbe sempre accanto a sé sia musicisti classici sia jazzisti, senza dimenticare le sue celebri collaborazioni con il sassofonista Gerry Mulligan e il vibrafonista Gary Burton, anche grazie a colui che fu suo storico manager e produttore fino alla sua morte, l’italiano Aldo Pagani. Sperimentò anche la musica elettronica, scrisse per orchestra, per cantanti, per il cinema, per quartetto d’archi, sempre rimanendo fedele al suo sentire, al suo modo di fare tango e i suoi concerti hanno toccato davvero ogni angolo del pianeta.
Ecco perché la sua musica è al tempo stesso passionale, malinconica e moderna.
Per lui la musica era tutto. L’amava più di ogni altra cosa, comporre e suonare erano la sua vita.
Oggi, l’ideatore del “Tango Nuevo”, è rivendicato dalla classica, dal jazz e anche dalla musica etnica e questo significa che la sua musica è diventata universale.
Insomma, grazie ad Astor Piazzolla il tango è stato rivoluzionato, si è evoluto, ha travalicato i confini di Buenos Aires e ora, anche qui, è apprezzato.
Thomas Sinigaglia
Diplomato con il massimo dei voti e la lode in Musica Jazz presso il Conservatorio “A. Pedrollo” di Vicenza, frequenta masterclass con Richard Galliano, Frank Marocco, Gabriele Mirabassi e i seminari di Siena Jazz. Vincitore di concorsi internazionali, tiene un’intensa attività concertistica sia come solista sia collaborando con musicisti e ensemble internazionali in Europa, Stati Uniti, Canada e Sud America, registrando per la RAI e LA7. Nel 2007, con il Quartetto Madrugada, ha vinto il 2° Premio nella categoria “Astor Piazzolla” alla 32a edizione del concorso internazionale “Città di Castelfidardo”. Insegna in scuole di musica del Veneto e del Trentino e ha tenuto masterclass di musica d’insieme presso il Conservatorio di Adria e il corso libero di Fisarmonica Jazz presso il Conservatorio di Vicenza. www.thomassinigaglia.it