Anna Baldo
echi

Il primo Falstaff non si scorda mai: arte ed incanto per gli spettatori

Dalla parte del pubblico, “per vedere di nascosto l’effetto che fa”! L’occhio e la penna di Anna Baldo restituiscono il valore dell’esperienza nel teatro palladiano di un’ascoltatrice “impreparata” e dunque pronta a stupirsi per tanta bellezza…come la bambina di sette anni, affianco a lei.

Non avevo mai visto un Falstaff di Verdi. In attesa della prima al Teatro Olimpico di Vicenza, ho deciso che non mi sarei informata di nulla, né musica né libretto, e nemmeno trama per sommi capi. “Per vedere da vicino l’effetto che fa”, si potrebbe canticchiare.

L’Olimpico regala un’esperienza davvero difficile da imitare: chi siede sui gradoni sta di fatto dentro la stessa “pancia” dove si crea il suono, assieme ai musicisti. Questa cosa straordinaria, nella messa in scena di Iván Fischer e Marco Gandini è stata portata all’estremo. Forse a riprodurre l’antico Globe Theatre, l’orchestra era disposta ad ogiva, con archi sul palco mentre fiati e percussioni stavano in buca. Il direttore nel centro, una passerella che tagliava in diagonale la scena, creando una totale commistione di ruoli.

Nella trama di innocui inganni, in cui le donne si fanno gioco degli uomini, con leggiadria, anche il direttore gioca, si cela, si gira, entra in scena, è complice dei personaggi e si prende pure una mezza ramanzina da una cantante. Lo spirito ironico, il “wit” delle allegre comari, pervade l’opera e la sua messa in scena, che ha regalato al pubblico personaggi ritagliati sugli interpreti con una creatività visionaria. Se Verdi avesse conosciuto l’interprete di Falstaff, non avrebbe potuto dipingerlo più uguale di così. In contrasto il quartetto di donne, garbate e leggiadre, e molto pittoresche: una sorta di doppia coppia Adelina-Guendalina, per altro anch’esse aristocratiche, con caratterizzazioni sempre in equilibrio sul filo dell’ironia, senza mai cadere nella macchietta.