Filippo Lovato
tracce

Il Jerusalem Quartet onora e rievoca la cultura yiddish

  • Autore: AA. VV.
  • Titolo CD: Yiddish Cabaret
  • Interpreti: Jerusalem Quartet
  • Etichetta: CD Harmonia Mundi, HMM902631, 2019, DDD

L’yiddish “è la lingua che parlavano i nostri nonni nella sfera familiare o privata e la musica yiddish resta profondamente ancorata nella nostra memoria fin dall’infanzia”. Ori Kam, violista e portavoce del Jerusalem Quartet spiega così nel booklet il curioso progetto che l’ha impegnato, assieme agli altri membri del quartetto, Alexander Pavlovsky, Sergei Bresler (violini) e Kyril Zlotnikov (violoncello), e, per l’occasione, accanto al soprano Hila Baggio.
In yiddish pensavano, parlavano e scrivevano gli ebrei d’Europa. Dopo la Shoah però, quello strano dialetto, un misto di tedesco ed ebraico, con termini derivati anche dalle lingue neolatine, “cessa di essere una lingua viva delle comunità ebree d’Europa per diventare una lingua storica studiata nelle università”.
I Jerusalem hanno commissionato al compositore ucraino contemporaneo Leonid Desyatnikov “Yiddish – cinque canzoni per voce e quartetto d’archi”, di fatto una rielaborazione libera e colta di canzoni da cabaret nella lingua degli ebrei d’Europa. Il risultato è incantevole, perché le canzoni non perdono quasi nulla del loro spontaneo fascino. I quattro archi vi cavano accenti struggenti e sferzate di brio. E Hila Baggio, israeliana malgrado il cognome, canta con profonda partecipazione, perché forse anche lei ritrova nei testi la storia della sua famiglia.
Gli altri due brani della tracklist, il Quartetto n. 2 op. 26 di Korngold e i Cinque pezzi per quartetto d’archi di Schulhoff identificano piuttosto l’influenza avuta dai compositori ebrei d’Europa nella musica del Novecento. Korngold, costretto a fuggire negli Stati Uniti dall’avvento del nazismo, si distinse a Hollywood come autore di colonne sonore. Schulhoff invece morì in campo di concentramento. Più che essere espressione specificatamente yiddish, i due lavori emergono da una cultura che qui si vuole rievocare e celebrare.
Si potrà discutere sull’opportunità di includere le due partiture in un disco intitolato Yiddish Cabaret, ma è indiscutibile la classe del Jerusalem Quartet che ne offre una lettura di vivida espressività.