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In memoria del Barone della musica

Dieci anni fa se ne andava il barone Francesco Agnello. Non inganni il titolo nobiliare di barone di Siculiana, parliamo di un uomo che ha vissuto tra gli uomini e che per tutti si è speso, dedicando tutta la sua vita in particolar modo alla musica: sue le scoperte di molti giovani talenti italiani, sua la guida della centenaria Associazione Musicale Siciliana così come la presidenza del CIDIM, il comitato nazionale italiano di musica.
È in quest’ultima veste che ha avuto modo di conoscere ed apprezzare anche l’operato degli Amici della Musica di Vicenza, prima, e della Società del Quartetto, poi, avendo rapporti cordiali e solidali con la dirigenza delle associazioni vicentine e confermando la sua attenzione per i giovani.

L’Associazione Siciliana Amici della Musica si è fatta promotrice di una “raccolta di ricordi” nel suo nome, per onorarne la figura: dalla presidente Milena Mangalaviti, molto vicina al barone Agnello negli ultimi anni della sua vita, a alla pianista veneziana di fama internazionale Gloria Campaner, che fa parte dei tantissimi giovani “scoperti”, lanciati e supportati da Agnello quando, agli inizi della sua carriera, vinse il premio Nuove Carriere del Cidim, fino al contributo video del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.

Il barone della musica – così era chiamato Francesco Agnello – in vita fu amico anche di tanti nomi eccellenti come Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Karlheinz Stockhausen, Luigi Nono, Luciano Berio e Maurizio Pollini, oltre che padre di Simonetta Agnello Hornby, palermitana di origine ma poi presidente del Tribunale di Londra per i Bisogni Educativi Speciali e scrittrice di fama. Suo il ricordo che tratteggia una parte curiosa e personale del padre: “Ho vissuto un misto di cultura europea e siciliana. Papà, il Barone Francesco Agnello, una famiglia di origine pisana calata in Sicilia nel Trecento, era borbonico e teneva molto alla mia identità siciliana. Ogni estate mi portava in campagna, a Mosè, per quattro mesi e lì avevo il dovere di parlare il siciliano con i contadini. Ritornati in città, dovevo parlare corretto italiano.”