Federica Artuso
echi

La vertigine della libertà tra rito e ritmo

Dopo la riflessione estetica proposta un anno fa su “Musica leggerissima” di Colapesce Dimartino, MusiCare torna su un successo sanremese attraverso le parole di una musicista e studentessa di filosofia. Quest’anno indaghiamo “Ciao ciao”, canzone della band La rappresentante di Lista: dai mondi di Sartre alla danza della Sagra della Primavera, sotto la superficie di una “canzonetta” c’è un mondo di significati.

“Tutto quello che non avevo presente, non esisteva.” Jean-Paul Sartre, “La nausea”.
Ciao ciao… e ben ritrovati! Ad un anno dalle riflessioni su “Musica leggerissima” – Sanremo 2021 – ecco qualche pensiero sparso riguardo un’altra canzone sanremese: “Ciao ciao”, interpretata dalla band “La rappresentante di lista”.
“Musica leggerissima”, del duo Colapesce Dimartino, era un pezzo geniale, dove forma e contenuto coincidevano alla perfezione esprimendo, attraverso le pieghe cangianti della superficie, la profondità e l’inquietudine del nostro sentire esistenziale. Anche la canzone proposta quest’anno, “Ciao ciao”, dal titolo così semplice – ai limiti del banale – promette di diventare un tormentone; un tormentone però dal significato tutt’altro che scontato.
Partiamo da Sartre, secondo il cui pensiero ogni individuo, per dare un senso a ciò che lo circonda e per dare una direzione alle proprie azioni, si costruisce un mondo, il proprio mondo. Tuttavia questo mondo nel quale ognuno vive è in continua evoluzione e in continuo confronto-scontro con gli altri mondi. E tutto ciò comporta da parte dell’individuo un’assunzione di responsabilità attraverso un laborioso ponderare sulle scelte da compiere per aggiustare ogni volta il tiro.
Quando siamo costretti come esseri umani a compiere delle scelte (cioè praticamente sempre, perché anche sottrarsi alle scelte è una scelta), capita che siamo travolti dall’angoscia della responsabilità. La situazione della scelta può coincidere con un momento di crisi, nel quale ci rendiamo conto che le cose stanno cambiando, che stiamo abbandonando il vecchio mondo e che non sappiamo nemmeno come andrà a finire.
E, ogni volta che ce ne accorgiamo, abbiamo bisogno di dare l’addio con riti e celebrazioni per poi rinascere dimenticando ciò che è stato, almeno per un po’. Funzioniamo così. In “Ciao Ciao” questo addio collettivo è mimato dalla ritualità del ritornello, che scioglie in un ballo la disperazione ostentata dalle strofe, dove si canta l’inquietudine per la “fine del mondo”, la nostalgia perché “non so cosa salvare” e lo spavento per “la guerra mondiale”.
“Ciao, ciao” è il saluto scanzonato al nostro mondo che non funziona più, perché la possibilità che un giorno non funzioni più è nella sua stessa esistenza.

Questo ritornello, con la sua coreografia minimale, ha il sapore di una danza rituale, che ci manda in uno stato di trance, producendo l’effetto di una carezza rassicurante. Quando siamo in crisi indeboliamo la nostra intenzionalità e la nostra presenza nella realtà, per consegnarla ai movimenti di un rito che ci conforti. E che cosa ci conforta di questo rito? I suoi gesti convenzionali, a cui ci affidiamo per sopravvivere allo smarrimento che provoca in noi la fine del nostro mondo e l’arrivo del nuovo. Ripetere tutti insieme dei gesti codificati e delle parole ormai ridotte a suoni è un modo per fuggire alla perdita di controllo; significa sottrarsi momentaneamente alla responsabilità per consegnare la propria intenzionalità a una serie di movimenti prestabiliti e rinascere così ancora una volta. Periodicamente abbiamo bisogno di ricostruirci un nostro nuovo mondo.
È come quando da bambini si costruiva la navicella spaziale con i lego e poi alla fine la si distruggeva per farne una più bella e la cosa non finiva lì, anzi: non finiva mai. Come quando si facevano le formine con il pongo per poi manipolare nuovamente il tutto e farne altre ancora. Detto à la Sartre: dalla pasta di pongo come oggetto in sé si passava alla pasta di pongo a forma di stellina come oggetto per sé. Noi abbiamo bisogno di manipolare le cose perché diventino il nostro mondo; tuttavia quando ci accorgiamo che il senso che abbiamo dato alle cose non funziona più, allora con un rito ce ne liberiamo per costruire un altro mondo, sempre fatto su misura per noi.
Nessuno si salva, tutti si rifugiano nei riti, anche i più consapevoli, anche i più razionali; i riti preservano il nostro istinto di azione nei momenti di crisi. Abbiamo bisogno di fare perché ci fa sentire che stiamo andando da qualche parte (anche se si tratta di un fare ripetitivo, che ci fa marciare sul posto). Siamo fatti per fare. Esagerando un po’ potremo dire che questa canzone è una Sagra della Primavera molto meno intellettuale, dove anche il pubblico che ascolta dalle sue comode poltrone rosse è invitato ad alzarsi e a partecipare attivamente al rito, “con le mani”, “con la testa”, “con il cuore” e “con il c*lo”.
Il ritornello di questa canzone è insomma un antidoto all’angoscia descritta da Sartre. È una pasticca che fa sparire la nausea, è un’occupazione che ci difende dalla vertigine di un’esistenza gratuita. È un modo per fuggire dall’inferno di libertà dove si perdono le nostre coscienze.
Come dire: è inutile continuare a cercare il senso dell’essere; pensiamoci giusto qualche volta, quando il nostro mondo sta per cadere nel nulla. Poi, prima di lanciarci in un nuovo progetto che ci proietti in un nuovo mondo, salutiamo allegramente con le mani, con la testa, con il cuore, con il… E con questo, ciao ciao!

 

 

Federica Artuso è una chitarrista vicentina diplomata con lode e menzione speciale sotto la guida di Stefano Grondona. Vincitrice di concorsi internazionali di esecuzione, tiene concerti in Italia e all’estero. La sua incisione dell’omnia di Emilia Giuliani (Tactus, 2021) su una chitarra originale dell’Ottocento è stata nominata disco del mese ed entusiasticamente recensita da varie testate musicali europee, americane e asiatiche (Amadeus-Italia, Weta-USA, Gendai Guitar-Giappone, Ritmo-Spagna ed altre). Le sue registrazioni sono state trasmesse da importanti radio italiane (Rai Radio1, Rai Radio3) ed estere (ABC Music Australia, Radio France, Weta Washington, Radio Nacional de España).
Ha conseguito la laurea triennale in Filosofia con il massimo dei voti e sta ultimando gli studi magistrali in Scienze Filosofiche con una tesi di estetica musicale.
Ama lo yoga, i film di Woody Allen e le battute di Groucho Marx.
www.federicaartusoguitar.com