Paolo Meneghini
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Montrose: questo trio è un vino d’annata!

Lunedì 28 novembre la Società del Quartetto ospita per la prima volta al Comunale di Vicenza il Trio Montrose, formazione in qualche modo originata dal mitico Quartetto di Tokyo e dedicata ad un pregiato vino francese. Programma fuori dagli schemi che apre una finestra su autori statunitensi e russi del Novecento e dei nostri giorni. Nel finale, il secondo Trio per pianoforte di Mendelssohn.

Lunedì 28 novembre per il secondo appuntamento della sua stagione di concerti al Teatro Comunale di Vicenza la Società del Quartetto presenta il Montrose Trio, raffinato ensemble da camera che prende il nome da un vino molto pregiato – il Château Montrose – particolarmente apprezzato, a quanto pare, dai tre musicisti per festeggiare la fine di una tournée o un concerto particolarmente riuscito.
Fondato nel 2014, il Trio è frutto di un lungo e proficuo rapporto tra il pianista Jon Kimura Parker e il Tokyo String Quartet, mitica formazione cameristica della quale facevano parte anche il violinista Martin Beaver e il violoncellista Clive Greensmith. Con il ritiro dalle scene dell’ultimo musicista della formazione originale, nel 2013 il Quartetto di Tokyo si sciolse e l’anno seguente Parker, Beaver e Grensmith decisero di continuare a suonare assieme fondando questo nuovo ensemble. Scelta azzeccata, dal momento che in poco tempo il Montrose si è imposto come una delle migliori formazioni da camera dei nostri giorni confermando la previsione del Washington Post, che nel 2015 scriveva: “ha tutte le carte in regola per diventare uno dei principali trii con pianoforte al mondo”.

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I tre hanno una densa attività artistica e professionale anche al di fuori del Montrose. Jon Kimura Parker si esibisce regolarmente con importanti ensemble del Nord America, inclusi i recenti concerti con le orchestre di New York, Chicago e Philadelphia. È anche un apprezzato docente alla Rice University di Houston. Allievo, fra gli altri, di Henryk Szeryng, il violinista Martin Beaver si esibisce spesso come solista a fianco delle Orchestre di San Francisco, Indianapolis, Montreal e Toronto. Clive Greensmith e il suo violoncello hanno suonato in veste solistica con la London Symphony, la Royal Philharmonic, l’English Chamber Orchestra, la Filarmonica di Seoul e l’Orchestra della Rai. Entrambi gli archi insegnano alla Colburn School di Los Angeles.

In questa nuova tournée italiana che recupera quella cancellata un paio di anni fa dalla pandemia, il Montrose Trio presenta un repertorio molto interessante e vario.
Si parte con un omaggio a David Baker, musicista eclettico che ha saputo emergere sia nel jazz che nella musica colta. Roots II – del quale sarà proposto il quarto movimento “Boogie Woogie” – è una breve suite del 1992 che trae ispirazione dalla musica afroamericana. C’è poi Joan Tower con il brano Big Sky, un pezzo lento del 2000 che nasce dal ricordo delle giovanili cavalcate con Aymara, un cavallo da corsa regalatole dal padre. Tower, oggi ottantaquattrenne, è considerata dal New York Times “una delle compositrici di maggior successo di tutti i tempi”. È del 1945 il Trio Op. 24 di Mieczyslaw Weinberg, musicista ebreo nato in Polonia che all’epoca della composizione aveva trovato rifugio a Minsk per sfuggire alle persecuzioni razziali nelle quali incapparono i suoi genitori e la sorella, poi trucidati in un lager nazista. La sua musica – parliamo di 154 numeri d’Opera – ha un forte contenuto emotivo ed è permeata da una profonda consapevolezza etica, anche nei brani che scrisse per il cinema.
Cento anni esatti separano il Trio di Weinberg da quello in Do minore di Mendelssohn, che il Montrose Trio ha scelto per chiudere in bellezza il concerto di lunedì. Composto a Francoforte ed eseguito pubblicamente per la prima volta alla Gewandhaus Saal di Lipsia, il Trio con pianoforte Op. 66 – Mendelssohn ne scrisse un solo altro nel 1839 – è particolarmente apprezzato dagli interpreti e dal pubblico più raffinato per l’equilibrio espressivo, per la brillantezza e l’originalità delle linee melodiche e per la perfetta padronanza del linguaggio armonico che si dispiega nei quattro movimenti.