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Orchestra da camera, ensemble, sestetto: una OTO multiforme saluta la Primavera

Un programma particolare, due direttori e molte formazioni: la OTO conclude Suoni di Primavera con una locandina di raro ascolto e non facile esecuzione. Il tramonto del romanticismo, l’avanzata delle scuole nazionali e, poi, le avanguardie, tratteggiano il percorso della serata, da Dvořák e Stravinsky, passando per i meno noti Martinů e Poulenc.

L’ultimo appuntamento di Suoni di Primavera, la rassegna musicale post-Covid di Società del Quartetto e Orchestra del Teatro Olimpico, fa sintesi di musica da camera e orchestrale. Lunedì 28 giugno alle 20 l’Orchestra del Teatro Olimpico sale sul palcoscenico del Teatro Comunale di Vicenza con varie formazioni: orchestra da camera, ensemble di fiati e sestetto.
La particolarità del programma si evince anche da altri due dati: da un lato la presenza di due direttori – sia Alexander Lonquich, direttore artistico e principale della OTO, che Davide Sanson, maestro preparatore dei fiati – dall’altro i nomi degli autori in locandina, non tutti noti al grande pubblico: affianco ai celebri e celebrati Dvořák e Stravinsky, i meno frequentati Martinů e Poulenc.

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E proprio di quest’ultimo è la pagina che apre il concerto: Aubade. Concerto coreografico per pianoforte e orchestra su soggetto di Cocteau, vide la luce nel 1929 ed è articolato in dieci quadri; narra di Diana che, sorpresa al bagno da Atteone, ne punisce l’audacia tramutandolo in cervo e facendolo inseguire nel bosco dalle sue compagne mutate in cani. In un vivace gioco dialettico tra le voci degli strumenti, si sviluppa l’azione coreutica che narra la vicenda. L’organico prevede, oltre al pianoforte solista, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, tromba, timpani, 2 viole, 2 violoncelli, 2 contrabbassi.
Compagine particolare anche per la Serenata in Re minore, op. 44 di Antonin Dvořák: 10 strumenti a fiato, violoncello e contrabbasso. Di sapore rustico e contadino, questa Serenata costituisce una dichiarazione d’amore da parte del suo autore per la terra natia: un nuovo folclore, un nuovo modo di fare musica, al tramonto del romanticismo europeo di gusto più tedesco. Il primo tempo è una fantasiosa marcia, piuttosto libera nell’andamento. Il secondo, dietro la dicitura di Minuetto e Trio, cela danze popolari cèche e magiare. Il tempo lento è un Andante con moto simile ad un notturno; il finale è ancora una volta una danza popolare, una brillante polka che ospita, prima della ripresa, un richiamo alla marcia iniziale.
Anche Bohuslav Martinů, compositore ceco naturalizzato statunitense, parte dal folclore, vivendo poi di influenze differenti, dalla musica nazionale fino, se possibile, al jazz, facendo sua la lezione dell’impressionismo francese ed il neoclassicismo di Stravinsky. Una caratteristica che ricorre nelle sue composizioni orchestrali è l’onnipresenza del pianoforte: non fa eccezione il Sestetto in programma.
Conclude il viaggio musicale – non solo di questo concerto ma della rassegna tutta Suoni di Primavera – il Concerto per pianoforte e fiati di Igor Stravinsky. Composto tra l’estate del 1923 e la primavera del 1924 ed eseguito a Parigi il 22 maggio dello stesso anno, per la precisione, l’organico include anche contrabbassi e timpani. Come altre opere di quei primi anni del periodo neoclassico, il Concerto inanella ritmi spigolosi, melodie essenziali, armonie vuote. Come narrare una storia del passato con i termini di allora, ma negandone la voce.