Davide Benetti
ilConcertoNONèMorto

Concerto con audio-guida,
per avvicinare il pubblico

A concerto come ad una mostra: accompagnati nella fruizione da una guida sapiente e comunicativa. È l’idea-pensiero di Davide Benetti, dal 2017 direttore del prestigioso torino vocalensemble. Ecco due suoi esempi concreti di programma da concerto nella direzione di avvolgere il pubblico, fisicamente e cognitivamente.

Da anni ormai non entro più in un museo senza un’audioguida. Lo faccio non per la paura che a un certo punto la lettura mi stanchi ma per lasciarmi condurre da chi quelle opere le conosce meglio di me. Sempre più al giorno d’oggi le più interessanti mostre d’arte creano connessioni, ipertesti, letture e di certo non lasciano che le opere siano fruite in un banale ordine cronologico. Le audioguide aggiungono la potenzialità del racconto all’interpretazione del curatore e sono spesso create da grandissimi comunicatori, oltre che storici dell’arte, critici, curatori.
Non si potrebbe fare lo stesso in concerto? Quale potrebbe essere l’audioguida adatta a questo contesto, che risulti altrettanto stuzzicante e motivante? È una domanda che ritorna nella mia vita musicale e alla quale non so ancora dare una risposta precisa o definitiva, ma che non dimentico mai di pormi nella creazione di un progetto musicale.
Un’attenzione urgente al giorno d’oggi, che sappia stimolare la ricerca della bellezza e della qualità a un pubblico che forse si sta lasciando un poco distrarre dal bombardamento musicale di scarsa qualità che subisce. Un problema le cui radici, però, affondano più profondamente nel passato. Il XIX secolo fece trionfare l’estetica dell’originalità e così impose alla novità in musica di trascendere quel passato che sempre più cominciava a venire a galla grazie alla nascita della musicologia e che continuava a vivere grazie a interpreti che – anche su grande richiesta del pubblico – non mancavano mai di interpretarlo. Una dicotomia che nell’inasprirsi porta negli anni ‘30 del Novecento a un’evidente rottura di quel meccanismo della creazione musicale che per secoli aveva costruito la storia della musica. Non solo saltò per aria il sistema tonale, cominciarono a separarsi nettamente i ruoli del compositore e dell’interprete, ma si crearono due categorie tra gli interpreti: coloro che eseguivano il repertorio tradizionale e quelli “coraggiosi, specializzati” che eseguivano musica contemporanea. Tutto ciò portò a un gigantesco distanziamento dal pubblico, la maggior parte del quale fu considerato e si considerò inadatto all’ascolto di questa nuova musica.
Oggi sappiamo che non ha più senso differenziare l’ascoltatore profano da quello esperto. Entrambi vivono nell’ambiente sonoro prevalentemente tonale di radio, televisioni, supermercati e quindi – per quanto ne possa dire l’esperto – a un ascolto superficiale l’orecchio preferirà un Mozart a un Ligeti. Ogni ascoltatore, però, è dotato di una creatività propria che, quando applicata al capire, darà sicuramente dei frutti interessanti, interpretazioni personali. E quanto queste interpretazioni potrebbero cambiare se inserite in un percorso che sceglie di portare l’ascoltatore di fronte a un’opera dopo e prima di altre?
Faccio un esempio: torino vocalensemble, il coro che dirigo dal 2017, da un anno e mezzo esegue e continua a eseguire, con modifiche che definirei evolutive, Crepuscolo. È un programma concentrico e al contempo direzionato verso la luce, protagonista essenziale, nella sua presenza-assenza, del Crepuscolo. Qui, Part sembra giocare con Palestrina, Guerrero parla di luce mentre guarda all’aurora di Bach, c’è il gusto arcaico di Poulenc accanto a contemporanei di più facile ascolto, come James MacMillan o Vladimir Martynov. Il coro compie questo percorso sonoro spostandosi dietro, attorno, davanti o in mezzo allo spettatore in un concetto di performance che dura per l’intera durata del programma e che traccia la concentricità dell’idea. Qui, l’audioguida diventano i richiami tessuti tra loro dai brani, il concetto chiave di luce e la capacità comunicativa del coro, sia musicale che nel suo stare sul palco: il continuo spostamento – assieme alla continua alternanza di periodi stilistici – mantengono viva e attiva la concentrazione.
Ora pensiamo alla contemplazione di un quadro di cui non sappiamo nulla: credo che nessuno di noi in quel momento dichiarerebbe con certezza di aver capito il messaggio dell’artista, ammettendo che esista un messaggio. Ma quanto invece potremmo capire una volta conosciuta la sua storia e il contesto culturale entro cui è stato concepito?
Questo è ciò che ho fatto attorno allo Stabat Mater di Poulenc nel prestigioso programma che torino vocalensemble eseguirà a MiTo 2020 con il soprano Laura Claycomb e Antonio Valentino al pianoforte.
Ho cercato così di restituire l’ampia gamma di colori dell’area geografica in cui Poulenc compose lo Stabat Mater, a partire da quelli di Debussy che subito fanno ben comprendere perché spesso sia stato definito un impressionista. E poi ancora il lirismo di Fauré, così spiccato sopra una personale scrittura priva di complicazioni estetiche e il misticismo religioso di Messiaen, costruito su quei ritmi e armonie che vennero da lui stesso codificati nel suo Technique de mon langage musical. Un universo che entra a pieno nella grandiosità così sfaccettata del mosaico dello Stabat Mater, assieme al Gloria, l’opera sacra più importante di Poulenc. L’ascoltatore, sono sicuro, ne uscirà profondamente toccato.
Terrei infine a non sottovalutare le potenzialità di audio-guida offerte da un programma di sala creativo, moderno e ben realizzato da consegnare in sala, ma da divulgare in una sua parte sui social, giusto per stuzzicare l’appetito.
In ogni caso è il musicista a dover essere sempre il migliore interlocutore per il pubblico, cercando di annullare quella distanza, quello schermo che il tempo ha creato. E lo può fare solo riuscendo a entrare totalmente nelle singole opere: non solo vocalmente, ma con tutto sé stesso, con il proprio corpo e il proprio pensiero, quasi mettendosi a nudo di fronte a chi ascolta.

 

 

Diplomatosi in Organo e Composizione organistica presso l’Istituto Musicale pareggiato di Aosta ha poi conseguito Le Diplôme de Soliste di Organo e Improvvisazione organistica presso il Conservatorio Superiore di Ginevra, sotto la guida del maestro A. Corti. Dopo la laurea a indirizzo musicale presso il DAMS di Torino ha conseguito la laurea specialistica di Composizione Corale e Direzione di Coro presso il Conservatorio G. Verdi di Torino sotto la guida dei maestri P. Tonini Bossi e D. Tabbia. Insegna organo e esercitazioni corali presso la Sfom di Aosta e dal 2014 è insegnante presso la scuola per direttori di coro il respiro è già canto di Torino. È docente in corsi e stage per cori e direttori di coro in Italia e all’estero.
È stato designato co-direttore del Coro giovanile italiano per il biennio 2020 -2022
Dal 2017 dirige torino vocalensemble.