Francesco Bossaglia
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Un’avventura umana, con Fischer

Presentiamo l’allestimento al Teatro Olimpico, per il Vicenza Opera Festival, di The turn of the screw attraverso le competenti parole di Francesco Bossaglia, direttore d’orchestra italiano che ha lavorato a fianco di Iván Fischer e che a maggio prossimo sarà a sua volta impegnato nella partitura di Britten.
“L’opera lirica ha bisogno di artisti avventurosi e Iván Fischer è sicuramente uno di questi”.

 

Bruno Maderna diceva che l’opera è un’avventura umana, un avventura che pone dei problemi a cui i compositori, nel corso dei secoli, hanno provato a dare risposte sempre nuove senza mai risolverli veramente; proprio per questo l’opera lirica rimane un genere sempre vivo ed affascinante.
Benjamin Britten è uno degli autori che più hanno vissuto questa avventura nel corso del ventesimo secolo, con un catalogo di sedici titoli diversissimi tra loro, dall’opera da camera a lavori di grandi proporzioni, dall’opera per bambini alle “church parables” ispirate al teatro Nō (genere teatrale giapponese che combina elementi drammatici, canto e danza, nato verso la fine del XIV secolo dalla fusione di precedenti forme di spettacolo, ndr); una produzione che nell’arco di più di trent’anni ha scandito la vita artistica di Britten, mettendo in luce un’ispirazione ed un artigianato unici nella storia della musica.
La commissione di The Turn of the Screw viene dalla Biennale di Venezia del 1954, un festival in cui nella sezione cinema si vedevano in concorso La Strada di Fellini e Senso di Visconti, in quella del teatro arrivava all’isola di San Giorgio per la prima volta una compagnia giapponese di teatro nō (Britten scoprirà il nō due anni dopo durante un viaggio in Giappone), e per la musica erano in programma lavori di Hindemith, Maderna, Webern, Piston e Bernstein diretti da Bernstein stesso, Celibidache e Cantelli. Al Teatro La Fenice andava in scena la prima italiana di Porgy and Bess.
In questo contesto la librettista Myfanwy Piper suggerisce a Britten come soggetto dell’opera il racconto di Henry James. Una governante scopre che la casa in cui è tutrice dei due bambini Flora e Miles è visitata dai fantasmi di Peter Quint, un ex custode, e Miss Jessel, la precedente governante; questi cercano di sottrarre i bambini al suo controllo spingendo la giovane sull’orlo della follia ed il piccolo Miles alla morte.

VAI ALL’OPERA THE TURN OF THE SCREW

Ne nasce un lavoro di grande forza, composto in un linguaggio musicale denso e con una originale struttura drammaturgica: ogni scena dell’opera è infatti preceduta da un intermezzo musicale. Questi intermezzi, con cui Britten articola le diverse parti dell’opera come fossero scene di un film, sono una serie di variazioni su un tema di dodici suoni (un tema dodecafonico per la Biennale di Venezia) che fa da ponte tra il Prologo introduttivo e la prima scena del primo atto.
Britten è un maestro nel modellare una scenografia musicale partendo dalle situazioni teatrali del libretto: i timpani diventano il suono della carrozza che accompagna il monologo carico di attesa della Governante, il flauto e l’oboe il canto degli uccelli al tramonto, e poi ci sono i suoni del “soprannaturale”, la celesta che, come un carillon diabolico, sottolinea le apparizioni del fantasma Peter Quint, o il trio scuro di flauto contralto, corno inglese e clarinetto basso che avvolge il dialogo notturno tra il piccolo Miles e la Governante.
Accostarsi ad un lavoro di Britten, in particolare ad un lavoro vocale, è un privilegio per qualsiasi musicista e Turn of the screw non fa eccezione.
Con la finezza della scrittura per le voci, Britten descrive un preciso ritratto psicologico dei personaggi e delle loro relazioni. Uno degli aspetti più affascinanti del lavoro di un direttore d’orchestra o di un cantante è quello di andare a ricostruire la vera e propria regia che Britten suggerisce attraverso i profili delle parti vocali.
Sono molto curioso di vedere come il maestro Fischer approccerà quest’opera così cupa ed intensa. Fischer è un musicista che si occupa del suo lavoro, dei suoi musicisti, dei suoi progetti in maniera totale, con un coinvolgimento approfondito in ogni aspetto della produzione, non solo nell’ambito prettamente musicale, il direttore perfetto in questo senso per un’opera lirica. Avendo avuto la fortuna di lavorare come suo assistente durante la scorsa estate l’ho potuto osservare mentre faceva i primi esperimenti sui materiali della scenografia con la quale avrebbe voluto creare la dimensione evanescente, soprannaturale, necessaria a questo lavoro; mi parlava con entusiasmo del cast vocale, in particolare dei due bambini impegnati nei ruoli di Miles e Flora, due parti delicatissime per le quali aveva fatto una selezione meticolosa.
Se torniamo all’avventura umana di cui parlava Maderna, penso che l’opera lirica abbia bisogno di artisti avventurosi e Iván Fischer è sicuramente uno di questi.

Francesco Bossaglia è un direttore d’orchestra italiano molto attivo nell’ambito della musica moderna.
Formatosi in Italia, negli Stati Uniti ed in Svizzera conduce una vita musicale densa e varia, come direttore d’orchestra, insegnante, divulgatore e strumentista.
Ha lavorato come direttore assistente per Ivan Fischer con l’orchestra dell’Accademia della Scala e con la Budapest Festival Orchestra, seguendolo in diversi tour internazionali. Su invito del Maestro Fischer a Luglio scorso ha diretto i musicisti della BFO presso il Festival di Spoleto in una serie di concerti da camera.
Membro di Spira mirabilis fin dalla sua fondazione è responsabile delle attività orchestrali e di ensemble presso il Conservatorio della Svizzera italiana, a Lugano.
A maggio prossimo dirigerà una nuova produzione di The turn of the screw. www.francescobossaglia.com