Paolo Meneghini
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L’inno all’armonia del Quartetto Noûs

Lunedì 7 giugno debutta al Teatro Comunale di Vicenza il Quartetto Noûs, una delle più interessanti formazioni d’archi italiane degli ultimi anni. Al loro fianco una guest star d’eccezione: il Primo clarinetto del Teatro alla Scala, Fabrizio Meloni. In programma i quartetti giovanili di Webern e Mendelssohn e il Quintetto Op. 115 di Brahms, nato fra la pace dei boschi.

La rassegna Suoni di Primavera promossa dalla Società del Quartetto prosegue lunedì 7 giugno al Teatro Comunale di Vicenza con un concerto nel quale gli archi del Quartetto Noûs ospitano, per il brano-clou della serata, il clarinetto di Fabrizio Meloni.
Fondata nel 2011, la formazione composta da Tiziano Baviera e Alberto Franchin (violini), Sara Dambruoso (viola) e Tommaso Tesini (violoncello) prende il nome da un termine del greco antico che significa mente e dunque razionalità, ma anche ispirazione e capacità creativa. Altro prodotto della rinomata Accademia Walter Stauffer, ove ha studiato nella classe del Quartetto di Cremona, il Noûs si è poi specializzato seguendo corsi e masterclass alla Musik Akademie di Basilea, alla Escuela Superior de Música Reina Sofia di Madrid, all’Accademia Chigiana e alla Musikhochschule di Lubecca. Il Quartetto Noûs si è aggiudicato alcune importanti borse di studio e premi, fra i quali il “Piero Farulli” e l’“Arthur Rubinstein”, entrambi nel 2015. L’ensemble si esibisce da anni per le più importanti società di concerti italiane e all’estero è stato invitato ad esibirsi in vari Paesi europei, in America del Nord e in Oriente. In campo discografico ha registrato sei dischi, fra i quali sono da ricordare un cd con autori italiani per Warner Classics e nel 2020 un progetto dedicato alla compositrice italiana Silvia Colasanti per Brilliant Classics.

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Primo clarinetto solista dell’Orchestra del Teatro e della Filarmonica della Scala dal 1984, Fabrizio Meloni si è diplomato a pieni voti e cum laude al Conservatorio di Milano. Oltre al suo impegno con l’orchestra meneghina, Meloni ha sempre coltivato la passione per la musica da camera esibendosi in tutto il mondo con vari ensemble ed esplorando un repertorio vastissimo che arriva alla musica contemporanea (ha collaborato intensamente con Luciano Berio) e comprende anche il jazz. Meloni è un apprezzato docente di corsi di alto perfezionamento e masterclass a Parigi, New York, Chicago, Los Angeles, Tokyo e in vari Conservatori italiani.

Il programma inizia sulle note del Langsamer Satz (Movimento lento), pezzo giovanile che Anton Webern compose nel 1905 traendo ispirazione da una vacanza con la donna della quale era innamorato e che poi sposò. “Camminare per sempre così, accanto alla mia amata, e sentirsi totalmente in armonia con l’universo, senza preoccupazioni, liberi come l’allodola nel cielo sopra di noi”, scrive il compositore nel suo diario. Il Movimento di Webern riesce a condensare in una manciata di minuti infinite sfumature di sentimento e suggestioni intense dipinte con una scrittura raffinata e sofisticata.
Brano giovanile è anche il Quartetto in La minore Op. 13 che Mendelssohn compose, diciottenne, nel 1827. Si tratta di un pezzo che da un lato ci testimonia la padronanza tecnica raggiunta dal giovane compositore, dall’altro dimostra l’ammirazione che Mendelssohn aveva per i Quartetti di Beethoven, soprattutto gli ultimi della serie, che vengono presi a riferimento.
L’ultimo brano in programma mette in primo piano l’illustre nome di Johannes Brahms del quale il Quartetto Noûs con il clarinetto di Fabrizio Meloni propongono il Quintetto in Si minore Opus 115. Si tratta, in questo caso, di un brano venuto alla luce quando il suo autore, giunto alla soglia dei 60 anni, sembrava aver perduto la vena creativa e l’entusiasmo di scrivere adagiandosi ad una quieta vecchiaia. Fu l’incontro con il celebre clarinettista Richard von Mühlfeld – “non si può suonare il clarinetto meglio di quanto non faccia Mühlfeld”, scrive Brahms a Clara Schumann – a fargli cambiare idea. Il virtuoso, che  era impiegato nell’orchestra di Meiningen, fece avvicinare Brahms ai segreti del suo strumento illustrandogli le potenzialità espressive, in particolare la dolcezza e la duttilità del suono. Nacque così nel 1891 una coppia di lavori – il Trio Op. 114 e il Quintetto in Si minore – intrisi di un’atmosfera elegiaca, contemplativa. Un ritorno di fiamma che ci svela un Brahms nostalgico, delicato e un po’ malinconico capace di affascinarci e di commuoverci.