Klaus Manfrini
ilConcertoNONèMorto

Bach e Aida possono riempire la sala di giovani: dipende come li suoni.

In che misura la ritualità del concerto condiziona l’avvicinamento di nuovo pubblico? È possibile sperimentare format diversi senza svilire la (sacrosanta) qualità dell’offerta? Klaus Manfrini, direttore artistico dell’Associazione Filarmonica di Rovereto condivide le sue riflessioni su un tema sempre attuale: la diffusione della “classica” tra i giovani ed il rinnovamento della forma.

“Trovo che la forma tradizionale del concerto concepita come rito durante il quale l’interprete/officiante dispensa verità ad un pubblico/assemblea sia definitivamente defunta.”
Quando, molto tempo fa, ho sentito queste parole, sono rimasto profondamente colpito, probabilmente perché a pronunciarle era un musicista considerato tra i più meritevoli sulla scena internazionale.
Quando, alcuni anni dopo, mi è stata data la possibilità di passare “dall’altra parte della barricata” per ricoprire l’incarico di direttore artistico dell’Associazione Filarmonica di Rovereto, mi sono trovato improvvisamente a confrontarmi con una situazione fatta di un pubblico di affezionati molto colti e preparati ma indubbiamente attempati e con l’assenza quasi totale di fasce di pubblico più giovane. Dopo anni passati sul palco come esecutore, dovevo cambiare prospettiva forse addirittura nei confronti della musica stessa, per poter agire nel campo della pianificazione e dell’organizzazione di eventi centrati sulla diffusione di quella che per semplicità (e con tutti i limiti della definizione) continuiamo a chiamare “musica classica”.
Ecco allora tornarmi alla mente quelle parole, pesanti come macigni, e costringermi a pormi queste domande: in che misura la ritualità del concerto condiziona l’avvicinamento di nuovo pubblico? È possibile sperimentare format diversi senza svilire la (sacrosanta) qualità dell’offerta?
La risposta che mi sono dato – sostenuto, in questa, dal direttivo dell’Associazione – è stata che c’è assoluta necessità di sperimentare e provare a proporre forme nuove di “concerto” anche all’interno di Stagioni storiche (l’Associazione Filarmonica di Rovereto festeggerà i 100 anni nel 2021) e tradizionali. Ben inteso, senza mai rinunciare a quello che ritengo un paradigma imprescindibile e non negoziabile: la qualità degli esecutori e di quello che viene presentato.
I risultati raccolti dai primi esperimenti in questo senso sono stati incoraggianti: il concerto “Nuove prospettive attorno a J. S. Bach”, protagonista d’eccezione Simone Rubino che ha magistralmente spaziato in quattro secoli di musica con le sole percussioni, ha visto la sala piena e soprattutto l’entusiasmo di un pubblico per buona parte giovane e nuovo per la nostra associazione.
In questa seconda parte di stagione che ci apprestiamo ad affrontare, due sono gli appuntamenti che in qualche modo vogliono scardinare la verità, senza dissacrarla: il 10 febbraio il Teatro Zandonai di Rovereto ospiterà “Aida” nella divertente e compatta trascrizione per quintetto di ottoni elaborata da Marco Pierobon per il suo Gomalan Brass Quintet. Niente di nuovo, per qualcuno; qualcosa di assolutamente nuovo, per qualcun altro.
Successivamente porteremo in palcoscenico il Vision String Quartet: quattro ventenni tedeschi che sono saliti all’apice del concertismo internazionale dopo aver vinto il Concorso di Ginevra, suonando a memoria. Hanno a cuore la nostra stessa causa: diffondere la musica classica tra i loro coetanei. Per fare questo, dopo una prima parte di concerto tradizionale, il palcoscenico si trasforma e appaiono luci, colori e suoni che apparentemente niente hanno a che fare con il repertorio classico. Solo apparentemente: il Vision domina tutto con grande coerenza e incredibile abilità tecnica, riuscendo a far apparire legami inaspettati tra repertori molto diversi.
Se questo genere di scelte porterà ad un reale cambiamento della situazione nelle sale da concerto, lo sapremo solo sul lungo periodo. Il concerto non è morto, ha solo bisogno di un po’ di ossigeno…

 

 


* Dopo il diploma a pieni voti in Viola al Conservatorio “F. A. Bonporti” di Trento, si è perfezionato con Juri Gandelsmann e Bruno Giuranna. Ha seguito i corsi di Milan Škampa (Scuola di Musica di Fiesole) e le masterclass di Hugh Maguire (Britten-Pears School of Music) e Stefan Metz (Orlando Festival). Dopo numerose esperienze e collaborazioni in varie formazioni cameristiche (fra le quali Orchestra Haydn di Trento e Bolzano e Streicher Akademie Bozen), dal 2000 è prima viola dell’Orchestra da Camera di Mantova. Dal 2014 è tutor delle viole dell’Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza. È insegnante di musica d’insieme presso la Scuola Musicale “Jan Novák” di Rovereto e Vallagarina.
Dal 2017 è direttore artistico dell’Associazione Filarmonica di Rovereto. www.filarmonicarovereto.it