Filippo Lovato
echi

Addio a Mariss Jansons,
il maestro che non poté
lavorare con Karajan

Dal ghetto di Riga al podio del Capodanno di Vienna: la parabola politica del ‘900 nella vita di questo grande direttore, prima sfuggito all’antisemitismo nazista e poi osteggiato dal regime sovietico.

Risuonò in un nascondiglio di Riga il primo vagito del neonato Mariss Jansons
Era il 14 gennaio del 1943 quando venne al mondo e i suoi genitori, Arvīds, direttore d’orchestra, e Iraida, cantante d’opera di famiglia ebraica, stavano cercando di scappare dai raid antisemiti. Il nonno e lo zio materni erano già stati uccisi nel ghetto della città. Passata la guerra visse lo stalinismo e la dittatura sovietica, anche se ebbe a dichiarare (al sito Operaclick) di «non volerci speculare su dicendo di avere vissuto grandi drammi personali». Nella sua infanzia giocò a calcio e studiò il violino.
Furono tre i grandi direttori a cui, più di tutti, deve la sua formazione: Hans Swarowsky, con cui studiò a Vienna, Evgeny Mravinsky e Herbert von Karajan, che dovette desistere dall’idea di averlo come assistente ai Berliner Philharmoniker, perché le autorità sovietiche gli avevano negato il permesso d’espatrio.
Tra i suoi primi incarichi importanti ci fu la direzione artistica dell’Orchestra Filarmonica di Oslo, un impegno che durò più di vent’anni, dal 1979 al 2000. Proprio a Oslo nel 1996 si manifestò quella malattia cardiaca congenita che l’avrebbe portato alla morte. Ospite delle compagini più importanti, dopo un breve periodo alla Pittsburgh Symphony Orchestra, Jansons ottenne la direzione dell’Orchestra sinfonica della Radio Bavarese. Nel 2004 succedette a Riccardo Chailly alla guida dell’Orchestra Reale del Concertgebouw di Amsterdam, incarico che tenne fino al 2015.
Alla sua fama giovarono anche i tre Neujahrskonzert in cui diresse i Wiener Philharmoniker in diretta mondiale nel 2006, 2012 e 2016. Curiosa coincidenza: per il capodanno del 2020 è stato reclutato Andris Nelsons, anche lui di Riga. Nelsons è stato allievo di Jansons e lo considera il suo mentore.
La discografia di Mariss Jansons è ampia, in gran parte edita da BR Klassik. Le sue interpretazioni ispirate e vigorose, di suono brunito, lasciano intendere che sul podio possedeva un carisma e un entusiasmo non comuni. Gli era congeniale il repertorio del tardo Romanticismo e del Novecento. Se si volessero indicare solo tre autori che permettono di cogliere l’impellenza del suo talento, si dovrebbero nominare Richard Strauss, Mahler e Šostakovič, la cui musica, secondo quanto ha dichiarato Jansons a Operaclick è «così profonda, così ricca di umanità che quando l’ascolto vi sento richiami a condizioni di vita reale. Situazioni che io non ho vissuto, ma in cui si sono trovate tante persone nel mio Paese».
La sua ultima registrazione è dedicata alla decima sinfonia del russo, ripresa da un live del 2010. Nel suo ultimo concerto, lo scorso 8 novembre, figuravano profeticamente i Vier letzte Lieder di Richard Strauss, affidati alla voce di Diana Damrau.
È morto nella sua casa di San Pietroburgo il 30 novembre.