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Scuole, quartieri, umanità: da dove ripartire, e come

Pur nella situazione di incertezza, il mondo dello spettacolo si interroga su quali strade intraprendere. Tra il silenzio della politica e le uscite mediatiche dei grandi nomi, ecco un pensiero condiviso e qualche proposta attuabile, che parte dal valorizzare le risorse artistiche del Paese.

È innegabile che il mondo della cultura e dello spettacolo sia tra i più colpiti dall’emergenza Coronavirus: secondo i dati raccolti dalla Fondazione Symbola, in questo momento in Italia sono 400mila le persone collegate a questo comparto lavorativo che non stanno lavorando.
Le prospettive sono incerte, come conferma Piergiorgio Meneghini, direttore artistico della Società del Quartetto di Vicenza: “La situazione è caotica; nonostante le uscite mediatiche dei ‘grandi nomi’, da Muti ad Accardo, si conferma una mancanza di attenzione da parte di chi governa e decide. Del resto – prosegue Meneghini – non siamo mai stati sulla bocca della gente, tanto meno a Roma”.
Meneghini individua anche le cause di questa situazione: “Non sanno che esistiamo, e in parte dipende da noi: i musicisti sono sempre stati meno rappresentati rispetto al mondo del teatro, credo questo dipenda da un’indole diversa, meno volta alla comunicazione. In un Paese con le potenzialità artistiche dell’Italia – prosegue con amarezza – dovrebbe esserci molta più attenzione nei confronti dello spettacolo dal vivo e della musica colta”.
Quali possibilità, quindi? Meneghini torna, a dispetto di una politica di corridoi e palazzi, ad un argomento che gli è caro: la scuola. “Dobbiamo costruire partendo dalla scuola. Non possiamo nemmeno lontanamente confrontarci al Venezuela che, pur tra criticità di sviluppo economico e sociale, insegnano e fanno la musiva molto più di noi”.

Tra le proposte emerse in questo periodo, che ci sentiamo di condividere e che riguardano possibili modalità di fare spettacoli durante l’estate – quando presumibilmente ci sarà un allentamento delle misure restrittive – ci sentiamo di menzionarne due in particolare.
Un prima idea è di chiedere alle amministrazioni comunali di allestire dei “palchi permanenti” in alcuni luoghi della città dove gli artisti possano esibirsi, nel pieno rispetto di tutte le esigenze sanitarie, invitando la collettività a parteciparvi.
Una seconda possibilità è ipotizzare una modalità nuova di esibizione, che l’attore Diego Dalla Via – nel corso di una tavola rotonda in streaming organizzata dal politico vicentino Giacomo Possamai – ha così riassunto: “Sarebbe auspicabile una democratizzazione della presenza artistica in spazi come cortili condominiali o giardini periferici dove ci potrà essere un assembramento accettabile e dove il bisogno di cultura è anche emergenza. L’artista, quindi, non si mette a disposizione di un numero elevato di persone, è disponibile ad offrire la propria arte a piccoli gruppi in maniera costante. Non è più lo spettatore, quindi, che va dall’artista, ma è l’artista che va dallo spettatore”.
Questa eventualità era emersa, in un certo modo, anche nel corso della tavola rotonda in diretta Facebook organizzata dalla Società del Quartetto di Vicenza: fu il direttore della Budapest Festival Orchestra, Iván Fischer, a sostenere questa progettualità, impegnativa da un punto di vista economico, ma che potrebbe rappresentare un approccio corretto col pubblico, per avvicinarsi alle persone anche da un punto di vista umano.